Ula Tirso

269/377: Ula Tirso

ISPIRAZIONE

Ula Tirso
Murale (foto di Ovidio Loi)

Anche oggi viaggio in compagnia. Antonio, che ho conosciuto ieri a Paulilatino, ha deciso di accompagnarmi fino a Ula Tirso. Partiamo presto e attraversiamo l’ultimo baluardo della piana basaltica di Abbasanta, immersi tra ulivastri e sughere.

Prima di discendere verso il lago Omodeo deviamo verso la frazione di Santa Chiara, del comune di Ula Tirso. Antonio mi racconta che qui vivevano gli operai che lavoravano alla costruzione della diga di Santa Chiara, lo sbarramento del Tirso che diede luogo al lago Omodeo.

Alla fine degli anni ’80, con la dimissione della centrale idroelettrica della vecchia diga, il piccolo centro venne abbandonato. Arriviamo fino a un cancello che sbarra la strada di accesso al villaggio, oltre il quale si vedono alcune case e il campanile della chiesetta.

Ula Tirso
Diga Santa Chiara

Ci rimettiamo in sella, e dopo una discesa spettacolare verso il lago arriviamo al ponte, che superiamo ammirando sulla sinistra l’architettura della diga Santa Chiara, ormai rimpiazzata dalla ben più ampia diga Eleonora D’Arborea, poco più a valle in territorio di Busachi.

Il mio rientro in Barigadu dopo tanti mesi è caratterizzato dalla bella salita che ci aspetta per arrivare nel paese il cui antico toponimo sardo era Ulà, al quale nel 1870 è stata aggiunta la parola Tirso. Mi fermo, ormai senza fiato, al cartello d’ingresso, che mi comunica che Ula Tirso è gemellato con Peschiera del Garda (dopo aver fatto ricerche sul significato del gemellaggio tra comuni, ho scoperto che Peschiera del Garda è gemellato anche con Capoterra!)

Ula Tirso
Installazione

Arrivato in Municipio saluto Antonio e vengo accolto dal Sindaco Ovidio e dal vice Sindaco Ottavio. Non essendoci strutture ricettive in paese oggi sarò ospite di Ovidio. Quest’attenzione mi è stata riservata solo un paio di volte nel viaggio, dunque oggi mi sento privilegiato.

Ovidio e Ottavio mi accompagnano nella scoperta di questo piccolo paese, che si visita nella sua interezza in poco tempo. Dopo settimane di scuro basalto, finalmente ritrovo il rosa della trachite come pietra da costruzione della case, della bella e imponente chiesa parrocchiale di Sant’Andrea e della suggestiva chiesetta di Santa Croce.

Ula Tirso
Chiesa di Santa Croce

Su molti muri si trovano dei pannelli con fotografie in bianco e nero ritraenti i momenti significativi della costruzione della diga Santa Chiara. Ovidio mi suggerisce la lettura del libro “Aurora Sarda” del prete scrittore di Berchidda Pietro Casu, ambientato nella vallata che conduce al lago, al tempo di costruzione della diga ampiamente popolata, ma dove oggi rimangono solo ruderi di abitazioni.

Passiamo per una via rallegrata e ombreggiata dalla presenza di ombrelli colorati appesi tra le case (utilissima oggi, viste le previsioni di pioggia), una piazza con un ampio murale tradizionale, e arriviamo a casa del costruttore di strumenti musicali Michele Loi. Qui mi soffermo ad ammirare tutta una varietà di strumenti creati da Michele utilizzando la canna, ma anche corna di bue, zucche, e la tipica vescica di maiale per la “serraggia”.

Ula Tirso
Bottega di Michele Loi

Tento di suonare una bena con scarsi risultati, ma tuttavia registro il suono per riutilizzarlo in seguito nei miei frammenti sonori (lo utilizzerò nel frammento di Fordongianus). A fine visita Michele mi regala degli strumenti che hanno una cordicella elastica che, tirata e rilasciata, fa girare veloce un pezzo di legno che emette un rumore simile al vento (ascoltabile nel frammento di oggi).

Prima di pranzo riusciamo a visitare il parco pubblico alla periferia del paese, raggiungibile con una camminata nel verde, e poi ci ritiriamo a mangiare a casa di Ovidio dove, tra una chiacchiera e l’altra, mi viene esposto il progetto del museo della diga Santa Chiara, che dovrebbe raccogliere tutto il materiale storico relativo alla costruzione di un’opera di grandissima importanza per tutta la Sardegna.

Ula Tirso
Pannelli fotografici

In serata, oltre a fare un giro nel centro del paese per scattare qualche foto, prendiamo la macchina per raggiungere la diga, che ho visto anche stamattina e dove mi portarono anche nella mia giornata a Ghilarza. Allora la vecchia casa del custode alla base del fronte della diga era sommersa quasi del tutto, in un’atmosfera inquietante, mentre oggi si trova completamente emersa e circondata da un praticello verde.

Come già successo altre volte nel viaggio, anche oggi faccio un’eccezione alla regola. Ovidio è invitato a un evento a Sedilo per commemorare Paolo Pillonca, lo scrittore di Osilo recentemente scomparso, e decido di andare con lui.

Rivedo il centro di Sedilo con piacere e ascolto gli interventi, tra cui anche quello musicale del cantautore Piero Marras, per il quale Pillonca scrisse diversi testi di canzoni. Prima di rientrare a Ula Tirso e ci rechiamo in pizzeria a Busachi, dunque oggi i comuni toccati sono effettivamente quattro. Ma il bello del mio viaggio è anche questo, più procede, più decido di rendere le mie regole elastiche per godermi ogni momento del viaggio, anche a scapito della scrittura quotidiana del blog (PS ecco perché quest’articolo viene pubblicato a oltre un anno da questa giornata!)

 

FRAMMENTI SONORI

Al lago (col “vento” degli strumenti di Michele Loi)

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BREVI NOVELLE SARDE

Quando con Antonio ci fermiamo al cancello che chiude il villaggio di Santa Chiara, mi viene in mente che mesi fa, in qualche paese sulle sponde del lago Omodeo, qualcuno mi parlò di un’anziana signora che ancora abita qui e che vale la pena di incontrare.

Accanto al cancello si trova la casa dove vive Tzia Isabella, l’unica abitante rimasta a Santa Chiara. Con Antonio sbirciamo e suoniamo alla porta, ma non ci apre nessuno. Dunque mi devo accontentare dei racconti su questa signora, che sogna di far rinascere il centro abitato, oggi un villaggio fantasma.

Riporto le parole del sito Sardegna Abbandonata:

“A parte alcuni anni vissuti nella penisola, il resto della sua esistenza Isabella lo ha trascorso in questo villaggio. La famiglia Flore è arrivata in questo paese dell’entroterra sardo tantissimi anni fa, quando il padre di Isabella si è occupato nella costruzione della diga, che poi ha originato il lago Omodeo. In quei tempi Santa Chiara era un villaggio vivace, abitato dalle famiglie dei lavoratori, che però, una volta perso il posto progressivamente hanno deciso di andare a trovare fortuna altrove.

Oggi, però, Isabella sogna di poter invertire la tendenza e trasformare questo villaggio fantasma in un luogo dove donne e bambini abusati possano ritrovare pace e serenità. Da qualche anno, infatti, la 88enne ha creato una Onlus e ha raccolto tutti i documenti necessari che ha inoltrato ad Enel, proprietaria degli stabili della frazione di Ula Tirso. L’obiettivo è ricevere il benestare per avviare un centro di accoglienza che possa far rinascere Santa Chiara e, allo stesso tempo, aiutare persone che hanno avuto esperienze di vita molto negative ad uscire fuori dal tunnel. Per ora, però, Isabella non ha ancora ricevuto risposta.

Mentre le risposte tardano ad arrivare, gli edifici diventano sempre più fatiscenti, gravati dal tempo che passa e dalla mancata manutenzione. Isabella, però, non demorde e nonostante l’età avanzata continua la sua battaglia, intenzionata a far sopravvivere la memoria storica di questo territorio. Una missione che cerca di portare avanti anche attraverso il museo della diga, che ospita molti documenti risalenti all’epoca in cui l’opera, avanzatissima a livello ingegneristico per l’epoca, è stata costruita.”