Paulilatino

268/377: Paulilatino

ISPIRAZIONE

Paulilatino
Pozzo sacro di Santa Cristina

Duecentossessantotto non è un numero importante, ma la giornata di oggi lo è in qualche modo. Per la prima volta nel mio viaggio incrocerò di nuovo il mio percorso, taglierò quella linea rossa tracciata che il 25 novembre del 2018, giornata 31 di 377, univa Ghilarza a Norbello, per poi proseguire il giorno dopo verso Abbasanta (certo di distanza ne feci veramente poca in quelle giornate!).

Oggi dunque la considero una giornata “nodale”. Non solo per il percorso, ma anche per i ri-incontri. La mattina vengo raggiunto ad Aidomaggiore da Massimo col quale passai la giornata di Bonarcado. Partiamo abbastanza presto e dopo aver fatto qualche foto al Nuraghe Jua iniziamo la pedalata verso Norbello. Poco prima della frazione di Domusnovas Canales, in una bella discesona, ci viene incontro Enrico che mi ospitò nel suo b&b di Ghilarza.

Paulilatino
Viaggio in compagnia da Aidomaggiore a Paulilatino

Dopo una bella risalita, passata la suggestiva frazione, entriamo a Norbello e ci fermiamo per un caffè insieme ad Alberto che qui mi ospitò, e a Daniela con la cagnolina Lola che mi fecero da guide al MIDI, il Museo dell’Immagine e del Design Interattivo, e in giro per il paese. È sempre una gioia rivedere persone che mi hanno aiutato, ma purtroppo dobbiamo ripartire perché anche a Paulilatino mi aspettano e c’è ancora un po’ di strada da fare.

Questo è uno dei tracciati dove, per evitare la 131, bisogna allungare parecchio, e devo purtroppo passare in un tratto di provinciale che dovrò ripercorrere domani per andare a Ula Tirso, contravvenendo una delle regole che mi ero imposto, ovvero di non passare mai sulla stessa strada due volte. Attraversiamo campagne di sughere verdi e muretti a secco di basalto scurissimo, e finalmente dopo l’ultima salita entriamo a Paulilatino dove saluto Enrico e Massimo con un ultimo caffè sulla piazza dove troneggia la fontana ottocentesca Cantaru Mannu.

Paulilatino
Campanile chiesa parrocchiale di San Teodoro

Mi avvio al Municipio dove è stato allestito un rinfresco per il mio arrivo. Mi stanno aspettando il Sindaco Domenico, il Vice Sindaco Serafino, vari impiegati e Gianfranco, un lontano cugino di Oristano che nella mia giornata di Zeddiani si presentò a sorpresa in una casa per conoscermi, avendomi cercato per tutto il paese! Tra dolcetti e bicchieri di vino racconto del mio progetto e ascolto con interesse alcuni fatti su questo paese, programmando cosa vedere durante la giornata.

Si è già fatta ora di pranzo e sono ospite nella casa di famiglia di Gianfranco dove ci aspetta la cugina Patrizia col marito Giorgio. Siamo in pieno centro storico, proprio sulla piazza della chiesa parrocchiale di San Teodoro. Le strade e la piazza sono ancora in “impedrau” e quasi tutte le case in basalto scurissimo (giurerei che anche quelle intonacate hanno la stessa tipologia di pietra sotto. Anche la chiesa parrocchiale è completamente intonacata di rosa e lascia intravedere solo la pietra chiara del portale d’ingresso e i bordi dell’alto campanile in trachite rossa.

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Ingresso casa padronale

La vecchia casa di famiglia di Gianfranco è stupenda, una vecchia casa padronale, ampio ingresso con pavimento ancora in lastroni di pietra originali e arcate affrescate, una scalinata che porta al piano di sopra e ampie stanze con volte affrescate e ancora arredi originali di altre epoche. Dopo un pranzo abbondantissimo mi mostrano il cortile, con abbeveratoi in pietra e altri resti di vita passata, su cui si affacciano una serie di strutture che erano alloggi per animali, la zona con il forno per il pane, una zona per fare l’olio, una per vino. In altri tempi chi poteva produrre tutto riusciva a vendere o a regalare al resto della popolazione.

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Edificio in basalto con finestra gotico-aragonese

Nel pomeriggio faccio un giro per immortalare qualche scorcio del paese, costeggio il teatro comunale Grazia Deledda, il palazzo nobiliare Atzori che ospita il museo etnografico, e tante chiese, quella delle Anime, di Santa Maria Maddalena e Nostra Signora d’Itria. Anche qui come nei paesi del circondario il basalto scuro impera, rotto solo dalle decorazioni trachite rossa.

Paulilatino
Performance al pozzo sacro di Santa Cristina

Calata la sera incontro di nuovo Gianfranco, Patrizia e Giorgio. Nonostante il territorio di Paulilatino sia ricchissimo di siti archeologici, con importanti nuraghi e tombe dei giganti, decidiamo di recarci al luogo che desidero da tempo essere parte di questo progetto, l’area archeologica di Santa Cristina. Arriviamo ai bordi del pozzo sacro, uno dei luoghi più iconici di quest’isola, ed è qui che tra gli occhi e le orecchie curiose di alcuni turisti in visita improvviso qualche brano sulla scalinata che conduce all’acqua. La luce è quella giusta del sole che cala, rendendo tutto di un bel rossiccio, e il suono rimbalza sul basalto fuoriuscendo anche dalla piccola apertura superiore del pozzo. Avevo aspettato questo magico momento da molto e lo assaporo fino all’ultimo istante.

Dopo la performance estemporanea facciamo una passeggiata per questa bellissima area immersa nel verde di ulivastri secolari e querce, dove si trova la chiesetta dedicata a Santa Cristina circondata dai muristenes che, come in altri novenari della zona, formano un vero e proprio villaggio. E poco distante i resti di un villaggio nuragico, con un nuraghe e svariate capanne, ed una lunga struttura in pietra di datazione incerta e dalla misteriosa funzione.

La notte finisce con un bell’evento chiamato Bisos Social Eating, un progetto portato avanti da Chiara e Giulia, che gestiscono il b&b Bisos, e che hanno coinvolto sei famiglie del paese che ospitano a cena gli ospiti del b&b, dove soggiorno anch’io. In un bel giardino di una casa sono stati allestiti tavoli dove si mangiano e si bevono prodotti gastronomici locali cucinati dalle famiglie, e si socializza. Al termine della cena il pubblico ascolta le mie storie e le mie musiche suonate all’ukulele e i bambini già chiedono ai genitori di comprare un ukulele…missione compiuta!

 

FRAMMENTI SONORI

Oh well…(modo di dire inglese equivalente a “eh vabbè” ma che può anche voler dire letteralmente “oh pozzo”)

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BREVI NOVELLE SARDE

Paulilatino
B&b Bisos

Bisos (che in sardo significa sogni) è un bellissimo b&b in un palazzo nobiliare nella piazza principale di Paulilatino, Su Pangulieri, appartenente alla famigli Urgu e sapientemente restaurato da uno degli eredi, l’architetto Francesco. Gli interni sono bellissimi, caratterizzati da pavimenti pregiati, volte affrescate e arredati con gusto e con materiali che richiamano la Sardegna. Bisos è la prima dimora storica ecosostenibile d’Italia. Il restauro della palazzina è avvenuto conservando tutte le caratteristiche architettoniche originali, e la sua gestione avviene con un consumo di energia fossile pari a zero, senza emissioni di polveri e CO2, e a breve, con l’impianto fotovoltaico, sarà quasi passiva.

A fine giornata, quando esausto mi accingo a coricarmi, ritrovo sul letto un foglio arrotolato e fermato da uno spago. Lo svolgo e ritrovo un originale “Fiaba della buonanotte” elargita da Bisos. La riporto qui:

“Il gran villaggio di Pauilatino mi si presentò come uno dei villaggi più singolari. Tra quelli da me già visti, ed ivi si dove stabilire il nostro quartiere. Il villaggio è costruito interamente di nero basalto e precisamente con blocchi altrettanto massicci qanto quelli dei nuraghi. In molte case poi la porta si mostra anche perfettamente simile a quella degli antichi monumenti, formata cioè di due blocchi verticali di basalto, sui quali poggia orizzontalmente un terzo, vera architettura ciclopica. Anche la chiesa sembra non sia sfuggita all’influsso di quel modo informe di costruzione ed a quell’oscuro e melanconico materiale. Sebbene nei suoi tratti principali essa presenti lo stile del secolo scorso, pure io potrei sottrarmi a stento dall’impressione che io qui avessi da fare con un’edizione moderna di un nuraghe, tutto spoglio, nero e disadorno si presentava il suo interno e il suo esterno. Nell’interno esistevano bensì alcuni altari miseramente arredati, e qua e là anche qualche cattiva immagine, ma peraltro predominava il nero basalto col suo cupo colore e colla sua essenza grossolana e massiccia, giacché lo spazio interno di quella Casa del Signore non era imbiancato. Interamente in armonio con questo oscuro contorno si presentava la scena, cioè le contadine vestite di nero accorciate sul pavimento, i volti delle quali si vedevano appena sotto all’oscuro fazzoletto da testa ed alla nera gonnella rovesciata e gettata sul capo, che teneva luogo della mantiglia. Io dico accovacciate sul pavimento, poiché mi sembra sia questa l’espressione la più espressiva, sebbene non spieghi punto interamente la cosa: la positura era piuttosto una cosa di mezzo fra l’inginocchiarsi ed il giacere, cioè quella che verrebbe assunta da una persona la quale, stanca di starsi ginocchioni, volesse porsi comoda senza però alzarsi dal suolo. Si è in questa positura che i contadini della Sardegna son soliti assistere alle sacre funzioni, giacché in nessuna chiesa di villaggio esistono sedie od appoggiatoi, ed veglino non stanno dritti volentieri tanto a lungo”.

È così che scopro l’ennesimo viaggiatore straniero ottocentesco che racconta la Sardegna, il barone tedesco Heinrich Von Maltzan. Per motivi di salute Maltzan fu costretto a viaggiare e a passare lunghi periodi in paesi dal clima mite. Nel 1868 visita la Sardegna e ne descrive storia, vita e costumi, riservando delle parti alla poesia, alla geologia e mineralogia, alla flora e alla fauna, pubblicando tutto nell’opera “Reise auf der Insel Sardinien nebst einem Anhang über die phönicischen Inschriften Sardiniens”.