177-Aggius-blog-feature

177/377: Aggius

ISPIRAZIONE

177-Aggius-blog-7

Parto dall’hotel Pausania Inn insieme a dei motociclisti stranieri (poverini forse non si aspettavano delle vacanze così fredde e bagnate a maggio!) e scendo in picchiata verso Aggius. Il cielo si sta ripulendo. L’ultima parte è in salita, tra le sugherete, e man mano che mi avvicino compaiono i rilievi granitici, aspri e imponenti, che vegliano su Aggius.

Il cartello d’ingresso mi ricorda che sono arrivato ad un Borgo Autentico d’Italia e Bandiera Arancione del Touring Club. E lo noto da appena entro, un paese curatissimo. Mi dirigo a casa di Gabriella, una tessitrice locale e zia di Marco, un amico etnomusicologo trasferito in zona Cagliari e che mi ha lasciato le chiavi di casa sua per alloggiarvi. Mentre ritiro le chiavi ammiro anche i lavori di Gabriella, che ancora lavora, insieme ad una giovane aiutante, sui vecchi telai in legno. Questo è uno dei centri più importanti per la tessitura tradizionale.

177-Aggius-blog-3

Faccio un giro nel paese, anche qui le case sono quasi tutte in granito, come la chiesa parrocchiale di Santa Vittoria sulla via principale, con un alto campanile tutto in granito. Prima di pranzo incontro l’Assessore Andrea per un aperitivo a base di vermentino locale, dopo il quale ci rechiamo a pranzo al ristorante Il Mosto, un bellissimo locale storico, dove posso assaggiare prodotti locali ottimi, inclusi i Timballos, dolce tipico, tutto accompagnato da buon vermentino.

Nel pomeriggio Andrea mi porta in giro per il paese, tra le sue strette stradine e casette in granito, addobbate da una bellissima mostra permanente di arte contemporanea a cielo aperta, street art vera, chiamata AAAperto, 14 telai opera di Maria Lai posti su pareti esterne di abitazioni che fecero parte della mostra ‘Essere è tessere’. Passiamo svariati telai appesi, qualche murales, pavimentazioni stradali con disegni artistici in pietra che richiamano le tradizioni, arrivando ad una piazza panoramica con la riproduzione del Gioco del volo di Maria Lai.

177-Aggius-blog-2

Ci dirigiamo poi al centro I.S.O.L.A. dove posso ammirare molti telai veri, tappeti e altre opere, tante ancora in fase di realizzazione da parte di alcune abitanti del paese. Da qui poi raggiungiamo il Museo del Banditismo, nella vecchia pretura. Vengo guidato attraverso storie e materiale riguardante i più importanti e scellerati banditi sardi, e soprattutto uno, il famoso muto di Gallura, i cui delitti sconvolsero il territorio di Aggius a metà Ottocento.

177-Aggius-blog-4

Dal paese ci mettiamo in macchina per andare a visitare il territorio. Andrea mi descrive bene tutte queste montagne che circondano il paese. Prima di tutti il Monte della Croce, con i suoi demoniaci 666 metri di altezza. La leggenda vuole che fosse abitato dal diavolo, che appariva nelle notti tempestose sulla cima del monte, rullando su un tamburo di pietra recitando l’anatema: “Aggius mia verrà il giorno che ti porterò via”, fin quando una croce posta da un missionario lo scacciò per sempre. Saliamo fino ad arrivare ad una strada che costeggia il Monte Fraili, il massiccio granitico che vedevo stamattina, e il Monti Pinna, quasi attaccato. La vista da qui è eccezionale. Passiamo anche una ‘conca fraicata’, tipo quella che ho visto a Calangianus, una cavità nel granito in parte murata per renderla abitabile.

177-Aggius-blog-5

Continuiamo a guidare, arrivando alla Valle della Luna, da non confondere con quella a Capo Testa a Santa Teresa di Gallura. Questa è una piatta distesa di rocce granitiche sparse tra la vegetazione, e un lunghissimo rettilineo di strada la taglia in due, facendola somigliare ad un paesaggio americano. Arriviamo fino alla bianca chiesetta campestre di San Pietro di Ruda, come se fossimo quasi arrivati al confine col Messico, ed effettivamente qui vicino esiste un monte soprannominato Lu Messu perché qui si appostavano i banditi per assaltare e derubare i messi esattoriali. Rientriamo in paese passando dal parco Santa Degna, una bella e curata oasi verde con ben tre laghetti collegati.

177-Aggius-blog-6

Rientrati in paese ci rechiamo nel luogo che attendevo di visitare da tempo, il Museo Etnografico Oliva Carta Cannas MEOC. La sede è bellissima, in alcuni edifici storici ristrutturati, attorno ad una corte che include affioramenti naturali di granito. Con grande sorpresa mi accolgono delle opere di Gianni Polinas, artista di Bonnanaro conosciuto a Olbia. Oltre a contenere interessanti esposizioni di oggetti degli antichi mestieri, ricostruzione di ambienti abitativi antichi, un’importante mostra di tappeti, opere di Maria Lai, un documentario dell’artista Vittoria Soddu, il MEOC contiene una sezione sul canto corale di Aggius, curata proprio dall’amico etnomusicologo Marco Lutzu, tra l’altro autore di un recente studio sul canto d’amore numero uno in Sardegna, No Potho Reposare, che ormai in questo viaggio eseguo spesso con l’ukulele.

Qui passo un bel po’ di tempo all’ascolto dei vari canti, molti ‘a tasgia’, lo stile tipico di queste zone, un po’ l’equivalente gallurese del ‘a cuncordu’ o ‘a tenore’. Il coro di Aggius fu il primo coro sardo a esibirsi fuori della Sardegna, nel 1920 al teatro Quirino di Roma. L’allestimento multimediale è eccezionale, e anche qui, come ho già fatto a Santu Lussurgiu per il ‘cuncordu’ e a Bitti per il ’tenore’ posso isolare le singole voci e carpire i segreti di questo canto.

Questa lunga giornata si conclude con una buonissima pizza in compagnia, e poi una comparsata alle prove della Banda di Aggius, dove mi unisco a suonare l’ukulele doppiando la parte del sax baritono. Al rientro a casa di Marco le strade di notte illuminate mettono un atmosfera di mistero…e mi sembra di sentire un tamburo che suona in lontananza sui monti.

 

FRAMMENTI SONORI

177-Aggius-score

 

BREVI NOVELLE SARDE

La Voce del Tamburo è il titolo del documentario di Vittoria Soddu in mostra al MEOC. L’elemento principale è il masso di granito di Monte della Croce, in bilico sopra un alto, che viene mosso in maniera costante da una persona, emettendo un suono ritmico che sembra proprio il suono di un tamburo grave, una sorta di grancassa. Leggenda vuole che questo tamburo di pietra fosse suonato dal demonio.

Tornando invece a spaventose realtà, il muto di Gallura esistette davvero, tale Bastiano Tansu, deriso ed emarginato fin dall’infanzia per essere sordo e muto, che inizio una terribile faida per vendicare una zia uccisa. Bastiano si innamorò poi di Gavina, una ragazza dell’Avru, oggi frazioncina montana di Viddalba, e venne ucciso proprio qui mentre si era recato a trovarla. Queste vicende  vennero narrate da Enrico Costa nel suo romanzo storico Il muto di Gallura, del 1884. E infine per tenerne vivo il ricordo esiste un agriturismo chiamato Il Muto di Gallura poco lontano dal paese.