Orotelli

261/377: Orotelli

ISPIRAZIONE

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Rovi di More a Sa Serra

Parto da Bultei felice, perché sto rientrando nel Nuorese, dopo quasi un anno, e ne apprezzo già il colore e i profumi delle piante, le rocce e, a breve, a Orotelli ne risentirò la parlata!

Pedalo su strade tranquille, lungo la valle del Tirso, leggeri sali e scendi all’ombra delle querce da sughero, e solo poco prima di arrivare percorro un breve tratto di statale 129 che ho evitato come la peste nelle ultime settimane. 

Mentre rifletto sul fatto che sono solo a poche centinaia di metri, un pirata della strada inizia un sorpasso, pur avendomi visto, e mi devo fermare in cunetta per non esser investito. Mi passa accanto sfiorandomi, gli faccio un gesto con la mano, ma lui fa altrettanto e, col finestrino aperto, mi urla una parolaccia. No comment.

Riparto con il cuore in gola e percorro l’ultimo tratto che sale verso il paese, dove, al cartello d’ingresso, per assistere al mio consueto gesto di attaccare un adesivo che testimoni il mio passaggio qui, mi stanno aspettando in gruppo. Sono i ragazzi dell’associazione Festina Lente, e si occuperanno della mia accoglienza: Franco, Angelo, Marco col figlio Antonio, Francesco e Nicolina. C’è anche Fabrizio, con la cagnetta Simba, che stanotte mi ospiterà nello studio dove insegna yoga. Sono accolto con un gran calore umano e non ho dubbi che anche oggi sarà una giornata fantastica, anche se rovente.

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Nuraghe Aeddos

Ci attrezziamo di bottiglie d’acqua e ci mettiamo su un fuoristrada spartano, per visitare il territorio di Orotelli. È qui che per i Romani iniziava il territorio delle “Civitates Barbariae”, è qui che passava il confine del Giudicato di Torres ed è qui il confine tra le province di Sassari e Nuoro. Sa Janna Bassa, la piccola porta, è sempre stata una zona di crocevia di genti, inclusi ladri di bestiame e banditi.

Percorriamo strada in salita e ci inoltriamo in un bosco di querce arrivando all’altopiano di Sa Serra, da dove si gode una vista eccezionale sul territorio. Tra sughere e rovi di more posso vedere i monti del Goceano e del Marghine e la piana di Ottana.

Arriviamo al Nuraghe Aeddos e, finalmente, la cagnetta Simba può scorrazzare felice qua e là, mentre noi entriamo nel massiccio edificio, costruito con enormi blocchi di granito. All’interno ci godiamo un po’ di fresco fino a che non saliamo in cima per godere ulteriormente della vista intorno.

Dopo esserci dissetati riprendiamo la macchina per visitare la chiesetta campestre di San Pietro Apostolo di Oddini, tutta in trachite rossa, col un bellissimo pulpito. Oddini era il nome di un villaggio ormai sparito. I ragazzi mi raccontano che qui vicino c’erano anche le chiese di Sant’Anastasia, che fu demolita, e quella di San Michele, della quale rimangono solo ruderi. 

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La “spuntatina”

Rientrati in paese mi aspetta un pranzo regale, a casa di Francesco e Nicolina, con altri amici e  bambini, che dura fino al tardo pomeriggio. Prima di riprendere la visita del paese Franco, che fin dall’inizio ho sentito come anima affine per la sua folta e curatissima barba, vuol dare una sistemata alla mia di barba, ormai incolta dall’inizio del viaggio (a dire la verità avevo fatto dei minuscoli aggiustamenti anche se non sono visibili).

Dunque nel cortile di casa di Fabrizio mi siedo su una seggiola e Franco inizia a “spuntare”. Mi son raccomandato di non accorciare, ma alla fine Franco si fa prendere un po’ la mano e lascia la lunghezza solo sotto il mento, mentre i lati sono considerevolmente più corti!

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L’acquedotto del 1929

Con un viso decisamente “ripulito”, iniziamo il giro per il paese. Cominciamo  dal vecchio acquedotto, una costruzione in granito del 1929, sobrio, in stile “mussoliniano”. Riusciamo a salirci anche sopra, dal retro, e ammiriamo le tondeggianti cime di granito che si stagliano intorno al paese, Monte Nasudu, Monte Fruschina. In realtà tutto il paese è costruito sul granito, durissimo e di altissima qualità, che spunta anche nei giardini e tra le case.

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Granito che si erge dentro il paese

Dal rione nuovo di Mussinzua ci dirigiamo in centro storico. L’architettura cambia radicalmente. Case antichissime, molte abbandonate, ma con dettagli bellissimi: finestre, stipiti, balconi, tutto in granito. Ci inoltriamo tra stradine strettissime, alcune senza asfalto né pavimentazione in lastricato, cemento che sembra pietra affiorante, e sbirciamo dentro giardini e finestre di case disabitate.

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Vicoli nel centro storico

Al calar del sole arriviamo alla bella chiesa di San Giovanni Battista, tutta in trachite rossa, stile romanico, con un bel campanile e un portale di accesso al piazzale. Non lontano da qui si trova l’altra chiesa importante del paese, San Lussorio, tutta in granito e più recente, del ‘700.

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La chiesa di San Giovanni Battista

Dopo una visita al Centro Polivalente, dove speriamo di poter improvvisare un evento per la popolazione senza esiti positivi, ci ritiriamo per la cena, sempre a casa di Francesco e Nicolina. Sotto le stelle, l’unico suono sono le chiacchiere e l’ukulele, mentre Bernardo, un amico che ci ha raggiunto, racconta milioni di storie della sua infanzia a Orortelli, che sta raccogliendo in un libro di prossima uscita.

PS La mattina prima della partenza facciamo colazione in un bar sulla statale 129. Un signore si avvicina e mi chiede “ma tu sei il ciclista che ieri si è buttato in cunetta? Io ero nella macchina che veniva superata e per un attimo ti ho visto morto!”.

 

FRAMMENTI SONORI

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BREVI NOVELLE SARDE

L’associazione Festina Lente prende il nome da una frase latina che significa “affrettati lentamente”. Sembra la storia del mio viaggio, viaggio lento, ma di corsa, a vedere il più possibile, a incontrare personaggi, a partecipare a pranzi, cene, concerti etc.

L’associazione si è formata da pochissimo e la loro missione nasce dalla stessa considerazione che fece J.F.Kennedy: “Non chiederti cosa il tuo paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo paese”. 

I ragazzi hanno iniziato con presentazioni di libri, come quella di “Sa lota ‘e Pratobello” di Franca Menneas, o proiezioni di documentari, come “Senza passare dal via” di Antonio Sanna, sulla vicenda della fabbrica di Ottana, per sensibilizzare la popolazione alle vicende storiche e culturali, e non solo di questi territori.

Grazie a Festina Lente scopro che il carnevale di Orotelli è caratterizzato dalla sfilata di Sos Thurpos, maschere uniche. Mi fanno presente anche che lo scrittore e giornalista Salvatore Cambosu era nato a Orotelli. E proprio lui, nella sua opera più celebre, racconta dei carnevali della zona: “se vuoi un carnevale che non ce n’è un altro su tutta la terra, vattene a Mamoiada che lo inaugura il giorno di Sant’Antonio: vedrai l’armento con maschere di legno, l’armento muto e prigioniero, i vecchi vinti, i giovani vincitori, un carnevale triste, un carnevale delle ceneri, storia nostra d’ogni giorno, gioia condita con un po’ di fiele e aceto, miele amaro”.