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183/377: Valledoria

ISPIRAZIONE

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Oggi è un’altra giornata orribile. Che succede quest’anno? Siamo a maggio! Percorro la breve distanza tra Santa Maria Coghinas e Valledoria con una pioggerellina british e un cielo nero di nuvole ed arrivo all’Hotel Ariadimari, di Marco e della sorella Monica, amici di Alberto, il collega geologo che mi ha ospitato a Sestu, che si è voluto prender cura di questo mio pernottamento e che mi raggiungerà in zona domani.

Mi sistemo nella stanza della bella struttura, e dal primo piano ammiro la bellissima piscina, sognando di potermici tuffare e invece mi faccio una bella doccia calda. Approfitto del tempo per lavorare un po’, poi decido di mettermi in bici e raggiungere le spiagge. Prima di tutto arrivo a San Pietro a mare, dove si trova l’omonima chiesetta, e la spiaggia, che confina con la foce del Coghinas. Da un lato riesco a vedere perfino il promontorio dove si staglia Castelsardo, ma i monti retrostanti sono coperti di nuvole bassissime.

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Poi arrivo proprio alla foce, praticamente nel lato opposto del punto che ho raggiunto nella mia giornata di Badesi. Qui si trova un centro di kayak che fa escursioni lungo il fiume. E da qui parte anche un battello che risale il fiume, oggi purtroppo non in attività vista la giornata. Mi fermo dunque all’adiacente bar l’Alta Bhanda, il cui proprietario Giosuè è anche colui che gestisce il battello. Si capisce che questo piccolo angolo proprio alla foce del fiume è un paradiso con giornate migliori. Di fronte tante barchette ormeggiate. Rimango al bar a pranzo e lavoro tutto i pomeriggio.

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Dopo un po’ mi raggiunge Marco dell’albergo per portarmi un po’ in giro. Ritorniamo sulla costa, prima in località Maragnani e poi a La Ciaccia, per ammirare le spiagge. Peccato che oggi sia una giornata grigia e la costa più che sarda sembra bretone. Faccio delle foto, ma Marco mi fa vedere le foto di queste spiagge e tratti di costa in giornate estive pazzesche, e davvero sembra un altro luogo. Mi dice che forse non è il caso di mettere queste foto grigie, ma io gli spiego che purtroppo il mio viaggio è così e che rappresenta anche lo scorrere delle stagioni nei luoghi. Dopotutto non credo che esistano foto di questa costa in queste condizioni, almeno avrò l’onore di essere il primo ad averla documentata così!

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Poi ci addentriamo nelle strade interne, prima di rientrare in paese. Marco mi racconta la storia della famiglia Stangoni, e mi porta a vedere diversi resti della loro azienda agricola. Resti delle mura dei fabbricati con a ridosso la chiesetta di San Giuseppe, poi in un terreno, visibile in lontananza, la villa padronale, ormai abbandonata, e i resti di stabilimenti più moderni. Qui vicino, nella frazione di La Muddizza, si trova la chiesa di Nostra Signora di Fatima, molto particolare nella forma e nei materiali usati, che vedrò domani sulla via per Castelsardo. Concludiamo la serata in pizzeria dove ci raggiungono Diana e Monica, rispettivamente moglie e sorella di Marco. E un’altra volta persone che ho conosciuto soltanto da qualche ora diventano familiari e si prendono cura di me nel migliore dei modi. (PS domani scoprirò da Alberto che non hanno voluto nulla per il mio pernottamento).

 

FRAMMENTI SONORI

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BREVI NOVELLE SARDE

Ruderi antichi, ruderi meno antichi. In antichità, proprio qui alla foce del Coghinas, esisteva la cittadina fluviale di Ampurias, nome noto ai cagliaritani come me per il locale notturno in Marina, e meno noto per il suo originale significato. Durante il periodo Giudicale Ampurias aveva il predominio su tutta la zona ed era il capoluogo dell’Anglona. Pian piano però la cittadina andò in decadenza ed intorno al 1400 scomparve del tutto, cedendo il ruolo di capoluogo a Castel Genovese, l’odierna Castelsardo. Il nome Valledoria viene dato negli anni Sessanta con la costituzione del Comune, in onore della famiglia dei Doria che aveva il controllo sulla zona in epoca medioevale. Prima di allora si chiamava Codaruina, da Coda (periferia) e Ruina (rovine…probabilmente di Ampurias).

Meno antichi sono i ruderi dell’azienda agricola Stangoni, proprietà di una famiglia proveniente da Aggius, che alla fine dell’Ottocento si stabilì vicino alla foce del Coghinas, all’epoca acquitrinosa e malsana, per trovarvi terreni dove sviluppare delle attività. Il capo-famiglia Pier Felice venne però ucciso da alcuni possidenti rivali, e i figli, dopo aver studiato in Toscana, tornarono qui per riprendere in mano le attività paterne. Con alcuni finanziamenti di un’industria toscana riuscirono ad ampliare i possedimenti, costruendo una villa in stile liberty e la chiesetta di San Giuseppe. L’azienda produceva carciofi, pomodori e grano ed vi era anche una manifattura di tabacco. Nel dopoguerra venne poi costruita la fabbrica per l’inscatolamento di pomodori pelati. Purtroppo negli anni ’60 il boom economico colpì mortalmente l’azienda che chiuse, lasciando in questo territorio i suoi resti, un po’ spettrali, circondati da campi di carciofi.