070-SantAntioco-blog-feature

70/377: Sant’Antioco

ISPIRAZIONE

070-SantAntioco-blog-1

Oggi niente viaggio in bici. Neanche un metro. Forse è meglio così perché la giornata è orrenda. Dunque mi dirigo subito in Comune dove mi accolgono il Sindaco Ignazio, l’Assessore alla Cultura e Sara, responsabile ai servizi turistici e culturali, che mi accompagnerà per tutta la mattina in tre luoghi uno più interessante dell’altro.

Luogo 1: le catacombe sotto la basilica di Sant’Antioco Martire (patrono della Sardegna…nero…venuto dall’Africa…). Sono vastissime, impiantate in una necropoli punica, cunicoli che si snodano per decine di metri sotto le case del paese! Arriviamo fino alla presunta sala dove il medico Antioco (poi divenuto Santo) riceveva i malati per curarli, nascosto dalle guardie romane. Risaliti nella chiesa ammiro i resti ossei di Sant’Antioco, dentro una teca di vetro, restituiti dalla chiesa di Iglesias che le aveva custodite per lungo tempo.

070-SantAntioco-blog-2

Luogo 2: il villaggio ipogeo. Poco distante dalla basilica c’è un’area della cittadina che ha dell’incredibile. Le rocce scavate costituivano anche qui una necropoli punica, le cui cavità coi secoli hanno iniziato a essere abitate. Fino agli anni ottanta del Novecento! Delle vere e proprie grotte. Delle cartoline degli anni cinquanta ritraggono delle famiglie all’ingresso delle grotte, con la dicitura: ‘Isola di Sant’Antioco. Grotta Trogloditica’. In alcune di queste abitazioni sono stati ricostruiti alcuni ambienti familiari. Una vecchia signora che nacque e abitò qui venne a visitarle, e descrisse esattamente le stanze dove viveva e la disposizione dei mobili!

070-SantAntioco-blog-3

Luogo 3: il museo archeologico. Dal paleolitico ai romani, passando da nuragici e fenicio-punici, mi viene descritta da Sara la ricchezza di ritrovamenti in quest’area, una vera e propria città che oggi si trova ancora sotto le attuali abitazioni. Spesso chi scava per effettuare lavori trova resti archeologici, si dice che alcuni abbiano la cantina in vecchie tombe o cisterne. Dentro il museo anche una bella mostra di ricostruzioni di costumi nuragici di Angela Demontis. Fuori dal museo, purtroppo oggi sotto la pioggia e un vento furioso, visito velocemente la ricostruzione del Tophet, con i tipici vasetti e piattini in terracotta, un tempo contenenti le ossa degli infanti morti.

070-SantAntioco-blog-4

A pranzo sono ospite da Marina, e i figli Elio e Anita. Insieme a loro il cane Camillo e uno stuolo di gatti! Finalmente un pranzo 100% vegetariano (inclusivo di zuppa!). Dopo pranzo prendiamo la macchina (oggi proprio in bici non si può andare) e ci dirigiamo nella costa sud-orientale, passando da Maladroxia, arrivando fino alla Torre Cannai, dalla quale si possono ammirare tutte le isolette a sud di Sant’Antioco, la Vacca e il Vitello, e un po’ più distante il Toro. Anche qui (come nel lato dell’isola di Calasetta) le rocce sono vulcaniche, ma attraversando il centro dell’isola si passa da una zona di calcari mesozoici molto chiari e molto più antichi delle lave che li hanno incorporati. Al rientro Marina mi porta al suo negozio di ottica e mi fa un test della vista…il fastidio che ultimamente provo nel leggere da vicino si è rivelata ipermetropia…NOOOOOO!!!

Concludo la serata ospite a cena di Antonello, proprietario del bel ristorante L’arco del Moro. Antonello, originario di Domusnovas, mi mostra fiero delle foto del primo convegno in Sardegna del giovane Craxi, al quale era sicuramente presente mio nonno Sebastiano, che Antonello ricorda bene! Prima di andare a dormire al bnb di Massimiliano (oggi la lista di chi si è preso cura di me è veramente lunga!) Antonello mi lascia con la frase che un suo insegnante disse: l’avventura è pericolosa, ma la routine è mortale. Mi addormento sereno, lieto di correre pericoli e di essere ancora vivo!

 

FRAMMENTI SONORI

Cantilena del Bisso.

070-SantAntioco-score

 

BREVI NOVELLE SARDE

L’amico Giuseppe di Villacidro mi ha prenotato una visita da Chiara Vigo, una delle poche tessitrici di bisso (il legamento della conchiglia Pinna Nobilis) rimaste in tutto il mondo. Chiara accoglie me ed Elio e ci fa sedere davanti ad un tavolo dove la nipotina sta maneggiando del bisso ancora sporco di conchiglie. Mi chiede un po’ di me e della mia avventura, poi inizia a raccontare dell’arte che lei ha imparato dalla nonna, e in mezzo ci mette le culture Egiziane ed Ebree. Effettivamente girando lo sguardo noto un candelabro a sette bracci, e poi una tunica egizia. Chiara parla anche alla nipotina, chiedendole cosa stia facendo a lasciandole trasferire il bisso da un cesto ad un bel contenitore in vetro, che poco dopo la bambina romperà! Chiara non si scompone, raccoglie i cocci e dà alla nipotina un nuovo contenitore, questa volta in legno. Poi lei stessa prende un po’ di bisso e lentamente, con una pinzetta, inizia a tirar via pagliuzze di sporcizia, a pettinarlo, e a separare il materiale buono in un cestinetto. Dopo che questo contiene una bella quantità di bisso ripulito, un buon 40 minuti dopo, Chiara mi chiede di chiudere gli occhi e di aprire la mano. Lo faccio. Aspetto e quando Chiara mi dice di riaprire gli occhi vedo dentro il mio palmo il bisso…non mi sono accorto di nulla, senza peso e senza attrito! Chiara prosegue la sua pulizia paziente e lenta. Dopo un altro bel po’ di tempo ha ricavato un’altra bella quantità di bisso. Mi chiede di nuovo di chiudere gli occhi e aprire la mano. Alla mia riapertura il gomitolo di bisso nella mia mano è molto più consistente di prima, e ancora non mi sono accorto di nulla! Contenta della quantità, Chiara inizia a filare il bisso, attorcigliandolo con un vecchio attrezzo in legno, e inizia a cantare. Semplici melodie, parole in sardo, poi altre melodie, poi ci infila mezzo un’aria d’opera, e delle specie di cantilene. Io ed Elio siamo lì che osserviamo. La bambina continua il suo gioco col bisso, lo pulisce un po’ dalle conchiglie e lo mette nel contenitore di legno. Da quando siamo entrati non ha detto una parola. Finito di produrre un filo abbastanza lungo, Chiara prende un contenitore di vetro con un liquido giallastro, non ho il coraggio di chiedere cosa sia per timore di interrompere questo che ormai ho capito essere un rituale. Immerge il filo nel liquido e appoggia la bocca al recipiente, ‘soffiandogli’ dentro un canto mono nota. Quando tira fuori il filo, lo tende tra le due mani e mi chiede di ‘pizzicarlo’. Eseguo l’ordine e…pling pling pling…il bisso suona! Chiara lo tira un po’, lo rilascia un po’, e la nota cambia. Poi mi chiede quale sia il mio colore preferito. Rispondo blu e Chiara prende un filo (che chiama di terra) di un bel blu cobalto e lo avvolge alla corda di bisso. “Ecco così è un po’ più forte” mi dice, “puoi provare a montarla su uno strumento e suonarla, ma appena ho tempo te ne faccio una con più calma”. Non ci posso credere. Siamo qui da quasi due ore e dal primo istante tutto era rivolto alla produzione di questo dono per me. Prima di andare via la ringrazio di cuore e le trasmetto il mio entusiasmo per tutta questa esperienza quasi mistica. Lei mi dice “la cosa importante non era questa, ma quella” e si rivolge alla bambina, che sta ancora maneggiando pezzi di bisso.

070-SantAntioco-blog-5