Baressa

321/377: Baressa

ISPIRAZIONE

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Centro storico

La Marmilla è così, una sorta di grande territorio costellato da paesini molto vicini, una sorta di città agreste con tanti quartieri. Per arrivare da Baradili a Baressa, tre chilometri in pianura, impiego pochi minuti.

Entro nel “paese delle mandorle”, celebre per la sagra annuale arrivata alla ventinovesima edizione, accolto dal Sindaco Piergiorgio dal vice Alberto e dall’assessora Valeria. Qui ci ha raggiunto anche Franco, il mio dentista, amico di famiglia che vive a Cagliari, ma nato a Baressa.

Piergiorgio ci tiene a farmi conoscere tutto il personale, e dopo aver salutato fino all’ultimo impiegato del Comune, ci rechiamo all’albergo diffuso Il Mandorlo, la bellissima struttura dove pernotterò stanotte, costituita da vari complessi di case in pietra restaurate nel centro storico del paese.

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Spazio pubblico ricavato da un’antica corte con opera di Pinuccio Sciola

Lasciati bici e bagagli iniziamo una passeggiata per le vie del centro, ricco di antiche case in pietra chiara, con bellissimi portali, corti e loggiati. La corte di una di queste case padronali acquistata e restaurata dal Comune, è diventata uno spazio pubblico, arricchito da un bellissimo murale di Pinuccio Sciola.

Arriviamo alla “Casa Museo”, un’antica dimora restaurata dove sono stati recuperati e vengono conservati oggetti dell’arte contadina, tra cui una bellissima macina. Questi luoghi, presenti in quasi tutti i paesi che visito, riescono a farti immergere in un mondo ormai scomparso, fatto di mestieri antichi e ritmi di lavoro lenti e che si adattavano al ciclo delle stagioni.

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Chiesa parrocchiale di San Giorgio

Camminiamo fino alla chiesa parrocchiale di San Giorgio, edificata nel Seicento ma che ha subito varie modifiche nei secoli, intorno alla quale si trovano ancora tracce del vecchio cimitero. Il parroco Don Jerome, un euforico e simpatico prete africano, ce la fa visitare. Vetrate artistiche, un antico battistero e soprattutto una mostra di  importanti statue lignee policrome conservate nella sagrestia.

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Esposizione di statue sacre alla chiesa di San Giorgio

Concludiamo la visita salendo sul campanile, che conserva ancora un’antichissima campana del 1528. Da qui ammiro tutto il paese dall’alto, e il territorio della Marmilla che si estende fino alla Giara di Gesturi.

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Vista dal campanile della chiesa di San Giorgio

Nelle campagne intorno a Baressa si trova anche la chiesa di Santa Maria di Atzeni, ricostruita nel sito dove, fino a circa il 1730, sorgeva il villaggio di Atzeni, poi abbandonato e pian piano andato completamente distrutto.

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Funtana Bella

Non distante dalla chiesa si trova la Funtana Bella, una fontana dell’ottocento ben restaurata, luogo di ritrovo delle donne di inizio secolo scorso e oltre.

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La mattinata si conclude con la visita alle scuole elementari. Maestre e bambini sono entusiasti dei miei racconti e della mia musica e l’accoglienza, come sempre, è da star, nella palestra gremita dove il suono dell’ukulele basso rimbomba potente. Come molti sindaci in questo viaggio, anche Piergiorgio ha creduto nel potere educativo del messaggio del mio progetto, la musica, il viaggio, la conoscenza della Sardegna.

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Edifici appartenenti all’albergo diffuso Il Mandorlo

Rientrati all’albergo Il Mandorlo ci aspettano per un pranzo colossale, dove posso degustare ottimi prodotti, insaporiti da un delizioso olio d’oliva locale e innaffiati dal vino bianco Tittia, prodotto dagli amici che mi hanno ospitato a Sini.

La stanchezza del viaggio, specialmente in questi ultimi giorni, si è fatta sentire e i dolori alle articolazioni aumentano. Per fortuna anche chi mi ospita inizia a capirlo, perciò trascorro la serata a riposarmi. Mancano “solo” due mesi (55 tappe) al mio arrivo a Cagliari.

 

FRAMMENTI SONORI

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BREVI NOVELLE SARDE

Autelio, insieme ad altri soldati prigionieri che combattevano sul fronte orientale durante la Seconda Guerra Mondiale, vennero schierati in fila al plotone dalle guardie tedesche. Ogni giorno un paio di soldati venivano scelti a caso, gli veniva ordinato di scavare delle fosse, poi venivano fucilati e buttati dentro. Quel giorno i tedeschi scelsero due soldati, uno alla destra e uno alla sinistra di Autelio. Fu il suo giorno fortunato.

Qualche tempo dopo Autelio venne deportato in Yugoslavia. Poco prima del confine riuscì a saltare giù dal treno e a scappare per i campi arrivando in Italia. Qui, mese dopo mese, scambiava il suo lavoro nelle fattorie con pane e acqua, finché, fattoria dopo fattoria, arrivò a piedi fino ai dintorni di Roma, stabilendosi nell’Agro Pontino.

Autelio lavora duro nelle campagne, fino a quando non riesce a racimolare i soldi per il biglietto del traghetto che lo riporterà una volta per tutte in Sardegna, nel suo paese Baressa.

Non si sa bene se per un voto che fece, dal suo ritorno dalla guerra in poi Autelio ogni anno si recava a piedi nudi a Tuili, alla chiesa di Sant’Antonio Abate. C’è chi dice che spesso camminava scalzo anche in paese. C’è chi se lo ricorda come un tipo silenzioso e strano, fino alla sua morte avvenuta anni fa. Chissà tutto quello che, con quei silenzi, Autelio non ha raccontato di quegli anni passati in guerra.