Belvì

287/377: Belvì

ISPIRAZIONE

Belvì
Vicoli nel centro storico

Partito da Meana Sardo mi godo una bella discesa prima di arrivare ancora una volta ad Atzara, dove faccio una sosta per prendere un caffè con Daniele che mi ospitò a Sorgono nelle giornate 19 e 20. È sempre bello reincontrare persone in questo viaggio, ancora di più incontrare persone nuove.

Al bar infatti Daniele mi presenta Mauro Patta, muralista di Atzara di cui ho potuto ammirare le opere in diversi paesi della Sardegna, non ultimo nella piazza Fenu di Meana.

Purtroppo devo ripartire, saluto tutti e mi rimetto in sella. La strada è deserta. Attraverso un territorio molto boscoso, mi inoltro in una valle che sembra chiusa dalle montagne, ma la strada piano piano si apre una via tra il verde e, salendo sempre di più, arrivo alla sommità dalla quale mi godo un panorama stupendo sulla Barbagia di Belvì.

Belvì
Scultura di Jean Pierre Orsoni

Percorro gli ultimi chilometri di discesa e finalmente entro a Belvì dove mi stanno aspettando il Sindaco Sebastiano e la moglie Valentina, in compagnia di Sergio, titolare di Sabores Antigos, Elvia, presidente del coro femminile, e Gabriella, guida turistica locale.

Sistemata la bicicletta e i bagagli al mio alloggio, l’accogliente b&b Casa Juanna (alle spalle del mio letto una gigantografia di Paolo Fresu…coincidenze?), iniziamo il giro alla scoperta di questa vera e propria capitale della omonima Barbagia, tagliata in due dalla strada statale 295.

Partiamo dalla Pratza Manna, dove una serie di sculture di legno di castagno ricordano il Simposio delle Arti, una manifestazione che mescola la scultura con la poesia e la musica, dove i diversi artisti si ispirano a vicenda. Alcune opere sono fatte con materiale recupero, come quelle di Jean Pierre Orsoni, artista della Corsica. Sua la barca appesa alla ringhiera della piazza che sembra navigare in un mare verde, i boschi retrostanti.

Belvì
Opere del percorso Sonos De Linna

Tra le vie del paese le case sono tutte in scisto, alcune intonacate con la vecchia calce prodotta nei forni che erano un tempo abbondanti nelle campagne circostanti. Gli elementi in legno di alcunI edifici mi proiettano in un’atmosfera di montagna, e posso immaginare tutto coperto di neve in inverno.

Belvì
Scultura in legno al parco municipale

Seguiamo un itinerario artistico che costituisce il Museo all’Aperto di Arte Contemporanea (MAAC),  che era stato creato per il Festival Sonos De Linna, dove una serie di opere erano state collocate all’aperto nelle strade, unendo il centro storico al Museo di Scienze Naturali e proseguendo fino al parco comunale, dove si trovano una serie di bellissime sculture in legno di artisti internazionali.

Belvì
Ceri votivi alla chiesa di Sant’Agostino

Scendendo verso la parte bassa del paese troviamo ancora svariate sculture in legno, e tante fontanelle pubbliche. È incredibile pensare che gli impianti moderni di acqua corrente qui sono arrivati solo negli anni Settanta. Arriviamo alla chiesa parrocchiale di Sant’Agostino. All’interno una serie di altari lignei bellissimi, e il principale che reca ancora i segni di un devastante incendio. Su un lato si trova una fila di ceri votivi decorati a mano.

Belvì
Nocciole locali

Proseguiamo verso la bella stazioncina del Trenino Verde di Belvì-Aritzo. Sui binari coperti di fogliame avvisto moltissime nocciole, e ne approfitto per farne una scorpacciata. Da qui si vede bene l’imponente picco calcareo di fronte al paese, Pitz’e Pranu. Accanto a questo la linea ferroviaria si infila in una galleria lunga 999 metri. Si dice che il progettista si suicidò per non essere riuscito ad arrivare al chilometro di lunghezza.

Belvì
Noce secolare

Prendiamo la macchina per raggiungere le verdi campagne intorno, passando da vallecole ricche di castagni e noccioleti, e arriviamo a una radura dove si trova un bellissimo noce secolare, immenso. Ci fermiamo per ammirarlo, e accarezzarlo in tutta la sua maestosità. Da qui poi ci spostiamo alla chiesa campestre di Santa Margherita di Antiochia, ben ristrutturata, presumibilmente la vecchia parrocchiale del villaggio originario nella vallata di Iscra.

Rientrati in paese andiamo a cercare lo scultore Tonino Loi, autore della Funtanedda del paese, ma anche di tantissime sculture che ho ammirato in altri paesi, il Dio Guerriero di Teti, o la grande maschera all’ingresso di Ottana. Purtroppo lo scultore non è in casa.

Belvì
Caschetes della pasticceria artigianale Sabores Antigos

Dirottiamo da Sabores Antigos, la pasticceria artigianale di Sergio, che mi racconta venne aperta dalla madre che aveva imparato a fare i dolci dalle anziane del paese e li produceva inizialmente in casa. Qui assaggio i celebri caschetes, detti ‘dolci della sposa’ e i buconetes, una sorta di gueffus, ma con le nocciole al posto delle mandorle.

Nel sottopiano del negozio di oggetti e abiti tradizionali di Elsa ammiro una ricostruzione di ambienti antichi, e un’esposizione di abiti tradizionali maschili e femminili, e di oggetti della quotidianità, un vero e proprio museo etnografico.

Questa lunga giornata non è ancora finita! Sono invitato alle prove del coro femminile Stella Splendens al centro di aggregazione sociale. Qui ritrovo come direttore Gigi, che incontrai alla sede del coro di Bosa. Mi godo la prova e le voci femminili. A Belvì però esiste anche il coro maschile Sos Ordinagos. I due cori si alternano nella manifestazione Isteddos de sentimentu, fatta per celebrare con il canto e con la musica la poesia in barbaricino di poeti locali di ieri e di oggi.

Dopo una sontuosa cena col Sindaco Sebastiano, Valentina e i figli Gaia, Carlotta e Alessandro, vado a letto esausto, alle mie spalle Paolo Fresu che suona la tromba nella gigantografia…sono in buona compagnia.

 

FRAMMENTI SONORI

287-Belvì-score

 

BREVI NOVELLE SARDE

Facciamo un po’ di chiarezza sul termine Barbagia, una regione “teorica” che in realtà accorpa una serie di regioni storiche, più o meno estese. Sappiamo che il nome di Barbagia (lat. Barbaria) appare in documenti romani del I secolo d.C., mentre i suoi abitanti, come Barbaricini, compaiono nelle fonti dal VI secolo d.C., quando, sotto Papa Gregorio I, si convertirono al cristianesimo e si unirono agli altri popoli sardi.

Per quanto riguarda le sub-regioni di un’unica Barbagia, l’Enciclopedia Treccani che recita:

“Le Barbagie storiche sono: Barba­gia di Seulo (Esterzili; Sadali; Seui; Seulo; Ussassai: 405,1 km2), sulle pendici meridionali del Gennargentu, con un paesaggio calcareo vario; Barbagia di Belvì (Aritzo; Belvì; Gadoni; Meana: 211,1 km2), con boschi e castagneti alternati a vasti pascoli; Barbagia di Ollolai (Fonni; Gavoi; Mamoiada; Ollolai; Olzai; Ovodda; Tiana: 364,6 km2), nella zona settentrionale fino al Nuorese, prevalentemente granitica; infine il Mandrolisai (Atzara; Desulo; Ortueri; Sorgono; Tonara: 257,8 km2), che digrada verso la valle del Tirso”.

Poi c’è Wikipedia (https://it.wikipedia.org/wiki/Barbagia) che alla voce Barbagia elenca le seguenti sub-zone che ne farebbero parte, creando un po’ di confusione con l’aggiunta del Nuorese e dell’Ogliastra:

“Barbagia di Nuoro (o Nuorese); Barbagia di Bitti (parte della Barbagia di Nuoro); Barbagia di Ollolai (o Barbagia Superiore) a nord del Gennargentu; Mandrolisai a ovest  del Gennargentu; Barbagia di Belvì (o Barbagia Centrale) a sud del Gennargentu; Barbagia di Seùlo (o Barbagia Inferiore) ancora più a sud; Ogliastra (conosciuta in passato come Barbàgia Trigònia) a est del Gennargentu”.

Il sito della Regione Sardegna https://www.sardegnaturismo.it/it/luoghi/centro/barbagia indica “le Barbagie di Belvì, di Bitti (la più settentrionale), di Nuoro, di Ollolai e di Seulo (la più meridionale), più il territorio del Mandrolisai, a ovest del Gennargentu”.

Curiosamente, per chi pensa che la Barbagia, o le Barbagie, siano le zone più interne dell’isola, Dorgali, a cui appartiene un bel tratto di costa del Golfo di Orosei, fa parte della Barbagia di Nuoro. Barbagia con sbocco in mare dunque!