Semestene

230/377: Semestene

ISPIRAZIONE

Semestene
Vista di Semestene

Oggi devo superare per l’ennesima volta la 131. Per fortuna ieri i ragazzi di Bonorva mi hanno mostrato un sottopassaggio che mi evita una cinquantina di metri di svincolo pericolosissimo sulla statale. Una volta immesso sulla strada per Semestene si apre una bella vallata, e inizia una discesa che mi godo a pieno visto che il leggero maestrale ha fatto scendere le temperature ed il sole è leggermente coperto. I campi sono giallissimi, passo in mezzo a rocce grigie marnose, e poi calcari bianchi, anche se riconosco i basalti delle sommità, una morfologia comune in tutta questa zona.

Entro nel minuscolo paesino, un centinaio di abitanti, uno di quelli a rischio di estinzione nei prossimi decenni, e mi accoglie Flavia, consigliere comunale. È una bella giornata e una volta lasciati bagagli e bici nella vecchia casetta della nonna di Flavia dove alloggerò, iniziamo il giro di questo piccolo paese.

Semestene
Case in centro storico

Passiamo accanto alla bella chiesa parrocchiale di San Giorgio, in pietra miocenica bianca, su un lato della quale si trova il Comune. Da qui ci dirigiamo all’unico bar del paese, che è anche bottega di alimentari, gestito con coraggio da Debora, e prendiamo un caffè prima di proseguire il giro.

Il paese è vuoto e silenzioso ma non ha un’aria triste, anzi, c’è un senso di pace a camminare tra le antiche casette del centro. Arriviamo ai giardini intitolati a Mariele Ventre, musicista educatrice e fondatrice del Piccolo Coro dell’Antoniano di Bologna. Da qui poi proseguiamo verso il vecchio lavatoio e la Funtana, per poi fare un giro largo alla periferia del paese, costeggiando gli impianti sportivi, la pineta, il cimitero.

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Portali della vecchia chiesa di Santa Croce

Entriamo in una bella area verde, il parco urbano, in questo periodo piuttosto ingiallito, dove si trova anche la ricostruzione di un pinnetto, arrivando poi all’anfiteatro all’aperto. Una volta rientrati in paese Flavia mi porta alla pasticceria Su Trigu, dove Bruna, una signora gallese sposata qui, ci accoglie offrendoci dei buoni dolci e raccontandoci di cosa vuol dire avere un’attività in un paese così piccolo.

Prima di andare a pranzo a casa di Flavia con i genitori Ada e Silvio, passiamo dalla piazzetta con un bel monumento ai caduti, una statua di fronte ad una parete arricchita di bei murales in ceramica. Intorno si trovano le case più vecchie del paese, con dei bei dettagli in pietra, e di fronte la piazza dove un tempo sorgeva la chiesa di Santa Croce, che venne abbattuta. In seguito, i due portali che furono custoditi per un periodo a Sassari, vennero riportati qui e rimessi nella loro posizione originale, a ricordo della chiesa.

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Murale in ceramica di Pina Monne

Tra i molti murales del paese mi colpisce quello di ceramica di Pina Monne raffigurante Giovanni Maria Angioy. La storia vuole che il rivoluzionario sardo si fermò qui durante la sua marcia verso il “Capo di Sopra”, per mandare vari ambasciatori nei paesi vicini. A Macomer, questi vennero accolti a fucilate dai ribelli. Tra i più accaniti c’era Pietro Muroni, ex parroco di Semestene che, con due pistoloni in mano, gridava: ‘Animu, animu. No los timedas. Fogu, fogu”.

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Chiesa San Nicola di Trullas

La sera andiamo a visitare un gioiello di chiesa, San Nicola di Trullas, nel mezzo della vallata che va verso Pozzomaggiore. La chiesa è di impianto bizantino, sul quale poi si è sovrapposta la struttura romanica attuale. Al suo interno si trovano i resti di bellissimi affreschi del XIII secolo. Al suo esterno si trovano ancora i resti del monastero dei monaci camaldolesi a cui la chiesa venne affidata.

I colori della sera rendono questo posto magico. Rientriamo verso il paese costeggiando le colline mioceniche sormontate dall’altopiano basaltico, dove si trovano i nuraghi di Iscolca e Loschiri, e passiamo dalle fontane di Murrocu e Donnigazza prima di recarci a cena a casa di Antonio.

 

FRAMMENTI SONORI

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BREVI NOVELLE SARDE

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Foghiles street art

Antonio ci accoglie con suo padre (anche lui Antonio!) nel cortile della casa di famiglia, dove sono stati allestiti tavoli imbanditi di cibo e bevande. Tra poco arriveranno degli amici per una serata in compagnia. Nel frattempo Antonio ci mostra fiero alcune zone della casa che sono in fase di ristrutturazione. In alcune sale Antonio, seguendo i ricordi delle zie che possedettero la casa, ha effettuato degli scavi su alcune pareti per ritrovare delle nicchie originali utilizzati un tempo come dispense.

Una volta arrivati gli amici, siamo tutti seduti nel cortile, mangiando e bevendo in una classica atmosfera estiva sarda. Antonio mi racconta della sua creazione, Foghíles, che in sardo logudorese significa “focolare” ed è il luogo di incontro domestico, nei piccoli centri urbani e nel rurale, dove avviene la trasmissione della conoscenza e l’apprendimento diretto dei saperi.

Foghíles è dunque l’incontro di saperi per l’apprendimento diretto attraverso la sperimentazione ed il fare. Durante i giorni di questa manifestazione le persone vivono a contatto con lo spazio rurale e le loro piccole comunità, facendo esperienza diretta di alcune attività manuali, come la vendemmia o la costruzione di oggetti tradizionali.

E dunque nelle parole di Antonio: “Foghíles vuole essere un’opportunità per attivare un’azione pratica di rivalorizzazione dei luoghi e riappropriazione dei saperi, un’occasione di apertura internazionale ed un modello di responsabilità territoriale. Un’occasione per invitare abitanti temporanei a entrare in contatto attivamente in questi luoghi, rivalutando potenziali stili di vita e apprendimento per le generazioni attuali e future”.