Bonorva

229/377: Bonorva

ISPIRAZIONE

Bonorva
Roccia a forma di toro sulla cima del complesso archeologico di Sant’Andrea Priu

La partenza da Giave è fenomenale, non riesco ad abituarmi alla vista spettacolare su tutto il Logudoro. Scendo velocissimo in discesa attraversando rocce vulcaniche e vedo pian piano avvicinarsi Bonorva. Faccio l’ultimo sforzo in salita per pochi chilometri ed entro in questa cittadina dalle molte palazzine eleganti.

Arrivo in piazza, dove mi stanno aspettando l’assessore alla cultura Laura e i ragazzi della Consulta Giovanile, Vanna, Chiara e Giuliano, che si prenderanno cura di me per questa giornata. Dopo una caffè al bar Tisel (il vecchio proprietario Tito Selis era il nonno di un’amica di Cagliari!) e aver lasciato i bagagli al b&b Sa Grutta de Funtana, io e i ragazzi ci mettiamo in macchina per iniziare il giro del territorio.

Scendiamo verso la giallissima piana di Santa Lucia, dove passiamo l’omonima chiesetta nella quale si svolge un’importante festa, e ci dirigiamo verso il sito archeologico di Sant’Andrea Priu, situato su un costone di rocce vulcaniche. Dopo che il sito è stato meta di uno dei documentari di Alberto Angela (visibile QUI a 1:46:50), le mie aspettative sono alte, e non verranno deluse. Parcheggiamo e ci accoglie Maria Giovanna, la guida della cooperativa Costaval che gestisce il sito. Costeggiamo le rocce per salire sulla cima, passando diverse cavità che visiteremo a ritroso. Sulla sommità si trova una roccia scolpita a forma di toro, quasi a guardia del sito, e a simbolizzare l’elemento maschile, sempre presente, spesso in forma di corna, in molte necropoli finora visitate.

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Sant’Andrea Priu: interno della “tomba del capo”

Ripercorriamo il costone, questa volta entrando nelle cavità, le domus de janas, dalle notevoli dimensioni, e dagli elementi architettonici impressionanti. Ma è solo nell’ultima e più importante cavità, quella che è chiamata la ‘tomba del capo’ per le sue ampie dimensioni, che si rimane a bocca aperta, non solo per gli elementi architettonici delle varie sale collegate, colonne, tetti a capanna e a doppio spiovente, tutti scolpiti nella roccia pietra su pietra, e i resti di intonaci ocra, ma soprattutto per il sovrapporsi di elementi di altre ere: intonaci profani romani, decoratissimi, e sopra intonaci sacri bizantini, con figure di santi e di episodi della vita di Gesù, visto che questa cavità venne usata anche come chiesa.

Poco distante dal sito ci sono i resti di un vecchio stabilimento termale romano, che fa intuire qui la presenza di una città, non ancora trovata. Nel centro d’accoglienza del sito visitiamo la bella mostra Salus per Aquam, sulle terme romane, allestita tra gli altri da Nadia Canu di Muros e dal Sindaco di Ittireddu Franco Campus che mi aveva consigliato di visitarla. Da qui poi ci muoviamo verso l’interno di questa vallata, che diventa sempre più boscosa, e arriviamo al parco Mariani, una bellissima area dell’Ente Foreste dove vengono anche organizzati degli eventi, e poi all’agriturismo Sa Sabilas di Antonello, dove mangiamo, tra le altre specialità locali, Su Zichi, il pane tipico di Bonorva, fatto bollire nell’acqua e condito e servito come della pasta.

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Il poeta Paolo Mossa in uno schizzo al Museo Multimediale Poetas

Nel pomeriggio visito il Museo Multimediale della Cultura Bonorvese Poetas, tutto dedicato alla poesia in lingua Sarda (Logudorese) e concentrato sull’opera di due importanti poeti locali, Paolo Mossa, le cui vicende e poesie ascolto con calma nel bell’allestimento multimediale, e Peppe Sozu (Giuseppe Sotgiu). Le ragazze che gestiscono il museo mi fanno visitare anche alcune sale ancora in fase di allestimento, ma si capisce che sarà un polo importante, dal gusto contemporaneo.

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Fontana di Rebeccu

Dopo un po’ di riposo e lavoro al b&b, con i bei colori caldi della sera, ci dirigiamo nel borgo di Rebeccu, arroccato su un’altura la cui sommità calcarea la fa somigliare ad un piccolo ‘tacco’ ogliastrino, e dove si narra ci fosse un castello, ora scomparso. È rimasto l’abitato, che venne definitivamente abbadonato a metà degli anni Ottanta del Novecento, e le cui case sono ancora in buone condizioni, anche grazie all’intervento del Comune che ne ha acquisito parecchie per realizzare un albergo diffuso.

E proprio oggi troviamo un gruppo di forestieri che stanno alloggiando qui nell’ambito di un corso di yoga e meditazione, accolti dal Sindaco Massimo che finalmente conosco anch’io. Camminiamo per le viuzze e le basse casette in pietra, arrivando ad un bel lavatoio. Da qui poi camminiamo lungo un sentiero che ci porta prima ai resti di un pozzo sacro di età nuragica, poi ai resti di un impianto termale di età romana. Rientrando in paese ci fermiamo alla chiesetta di San Lorenzo, ma delle vacche ci sbarrano l’unico sentiero tra la vegetazione e non riusciamo ad arrivarci, ci accontentiamo di ammirarla dalla distanza, mentre vicino a noi passano due pastori, un signore ed un ragazzino, sopra degli asinelli.

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Portale in centro storico

Rientriamo in pese per fare un giro del centro storico. Le chiese principali (ormai immancabile elemento di questo viaggio), la parrocchiale di Santa Maria Bambina, poi San Giovanni, con una bella facciata in calcare bianco, sulla quale esiste la leggenda di due forzieri sepolti, uno con oro, uno con mosche portatrici di malaria, e che nessuno ha mai trovato. Poi Santa Vittoria in quello che era il primo nucleo del paese, dove le case sono più antiche e basse rispetto alle eleganti palazzine attorno alla piazza principale. Saliamo poi in una strada panoramica sopra l’antica fontana. Il sole sta calando e la vista sul paese, su cui torreggia il bel campanile della parrocchiale, sulla piana sottostante, e sulle alture intorno, con Monte Santu in lontananza, è magnifica.

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Panorama

Questa ricca giornata si conclude alla Pizzeria Valle dei Nuraghi, sulla SS 31. Non è la prima volta che mangio a ridosso dell’arteria principale sarda: nella mia giornata a Tramatza al ristornate della mitica Oasi 101, e poi nella mia giornata di Loiri Porto San Paolo alla pizzeria della Castagna, nella Diramazione Centrale Nuorese della 131. Oggi è d’obbligo la pizza ‘bonorvese’, buonissima, e litri di acqua frizzantissima rigorosamente Santa Lucia, direttamente dalle fonti di Bonorva!

 

FRAMMENTI SONORI

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BREVI NOVELLE SARDE

Secondo la leggenda Rebeccu prese il nome dal feudatario del villaggio Re Beccu. Si narra che egli avesse una figlia, Donoria, dall’indole malvagia, che trascorreva molto tempo nei boschi, nel pozzo sacro, e che incontrasse le janas, essendo lei stessa una strega. Tutti gli abitanti del villaggio la temevano, e riuscirono a costringere Re Beccu a scacciarla dal paese.

Donoria partì, maledicendo il villaggio tre volte con le parole “Rebeccu, Rebecchei, da’e trinta domos non movei” (Rebeccu, Rebecchesi, dalle trenta case non vi muovete). E fu così che iniziarono le disgrazie per Rebeccu, che fu colpito dalla malaria, dove le donne non partorivano, gli uomini morivano di malattia e le case crollavano. Gli ultimi abitanti abbandonarono il villaggio per ritirarsi a Santa Vittoria, da dove poi si sviluppò l’attuale Bonorva.

In seguito il villaggio venne ripopolato, anche se, ancora memori della maledizione, i nuovi abitanti si fermarono con la costruzione di trenta case per non sfidare la profezia della perfida Donoria. Nonostante ciò il villaggio ebbe un lento declino nei secoli. Negli anni ’Cinquanta solo sei anime popolavano il villaggio. Negli anni Ottanta si svuotò completamente anche se nel 2011 risultava un residente che viveva qui tutto l’anno in compagnia dei suoi gatti.