48/377: Palmas Arborea
ISPIRAZIONE
Percorro pochi chilometri, passando sotto la 131 e arrivo velocemente a Palmas Arborea. Il paesino è molto tranquillo, ben curato.
Arrivo alla piazza con la chiesa di Sant’Antioco, l’unica del paese, con una facciata semplice e ben ristrutturata. Pedalo fino al Comune, tutto circondato di palme e torno sulla via principale dove mi sistemo in un bar per un po’ di lavoro arretrato.
Nel pomeriggio mi raggiunge Raffaele Cau, che mi ospiterà per la giornata.
Dopo un bel caffè prendiamo la macchina e insieme alla compagna Irene visitiamo il territorio di Palmas Arborea. Poco distante dall’attuale abitato c’è una zona detta Cuccuru Is Serras, dove pare vi fosse il primo insediamento di Palmas Arborea, poi abbandonato dagli abitanti.
Proseguiamo passando accanto all’abitato di Tiria, frazione di Palmas Arborea, e ci dirigiamo verso il confine del territorio comunale, proprio alle pendici del Monte Arci. Ci addentriamo nel bosco detto Mitza Sa Figu, con bellissimi lecci e un corso d’acqua purissima che scorre nella vallecola.
Riusciamo a trovare qualche frammento di ossidiana, che in tutta la zona del Monte Arci abbonda.
Proseguiamo e sconfiniamo in territorio di Villaurbana per salire sul nuraghe Bad’e Mendula, dal quale si gode una vista fantastica di tutto il territorio di Pamas Arborea, incluso lo stagno Pauli Maiori poco distante dal paese, fino al Golfo di Oristano e ai monti della Costa Verde.
Rientrati in paese, Raffaele decide di accompagnarmi a Oristano per vedere il Museo Diocesano.
Sono sempre riluttante a spostarmi di comune nella giornata, mi sembra quasi un tradimento, ma dopo aver visto le due bellissime mostre di arte contemporanea presenti al museo (Ecce Homo di Antonio Amore e la collettiva Oìkos di artisti sardi), e dopo la salita in cima al campanile della Cattedrale di Oristano, dal quale si gode di una vista notturna bellissima della città, rientro a Palmas Arborea pienamente soddisfatto.
FRAMMENTI SONORI
Ispirato dalla tranquillità del paesino.
BREVI NOVELLE SARDE
Raffaele, 46 anni, come me del 1972, è un curioso di natura, come me.
Un po’ di anni fa, quando effettuavo le ricerche genealogiche sui miei antenati Dessanay, qualcuno mi fece il suo nome come esperto di genealogia.
Dopo qualche scambio su Facebook un giorno mi recai all’archivio storico diocesano di Oristano, dove lo conobbi casualmente di persona.
Ne approfittai subito delle sue conoscenze per cercare di interpretare la possibile origine del cognome Dessanay.
Raffaele, da buon archivista e genealogista, è anche esperto di cognomi sardi, ha pubblicato diversi libri sui cognomi in diversi paesi della Sardegna, e la sua versione sull’origine del cognome Dessanay, che mi racconta dopo cena, è quella che mi convince più di tutte (vedi sotto).
Con Raffaele ci siamo sempre incontrati per caso. Durante questo mio viaggio l’ho incontrato in una chiesetta campestre nel piccolissimo comune di Bidonì che faceva foto al tramonto (la probabilità d’incontrarsi lì era veramente bassissima!).
Raffaele è anche un conoscitore della storia della Sardegna e in questa giornata in giro per Palmas Arborea prima, e Oristano poi, mi racconta un sacco di storie e mi dà moltissime notizie su luoghi e personaggi.
Le aiuole del giardino di casa sua sono piene di belle sculture di arenaria, fatte da lui. Opere giovanili, mi dice!
Poi a casa vedo le sue ceramiche, altrettanto belle. Dopo cena mi fa assaggiare i suoi buonissimi fichi secchi con le noci.
Mi chiedo cos’altro Raffaele sappia fare che non so ancora. Sicuramente lo scoprirò nel prossimo incontro casuale in giro per la Sardegna!
‘Sa naj’ in sardo significa ‘la nave’, una figura associata ai popoli del mare, ai fenicio-punici.
Pare che esistessero dei luoghi in Sardegna chiamati Sanaj, probabilmente villaggi su dei vecchi insediamenti fenicio-punici ormai scomparsi.
Le prime tracce del cognome compaiono a Laconi alla fine del ‘500 come Sanaj, e poi De Sanaj, probabilmente colui che proveniva da un luogo chiamato Sanaj. Poi unito in Dessanaj, con la j che prende poi la forma di i o y.
PS ho letto recentemente una tesi bizzarra sul fatto che il termine ‘Janas’ di Domus de Janas, le case delle fate, o antichi luoghi di sepoltura, in realtà sarebbe da leggere invertito Sanaj, e dunque Domus de Sanaj, ovvero luogo dove si portavano le persone malate per venire curate, sanate, oppure Domus de Sa Naj, ovvero luogo della nave, dove si adagiavano i defunti per essere traghettati nell’altra vita.
Mah… Fanta-etimologia archeologica… Però intrigante!