330/377: Pauli Arbarei
ISPIRAZIONE
Oggi è una giornata solitaria, una di quelle che desideravo da tanto. La stanchezza, soprattutto mentale, è tale che accolgo con piacere il fatto che qualche comune non risponda al mio appello e che io non riesca a trovare dei contatti.
Nel silenzio dei terreni pianeggianti ingialliti da un’estate torrida, scivolo via da Siddi per arrivare, tramite una stradina interna, a Pauli Arbarei, letteralmente “palude lussureggiante”, anche se di alberi non se ne vedono più tanti.
Pedalo tra le stradine del centro del paese, costituito da case in pietra e ladiri. Percorrendo la via principale arrivo alla chiesa di Sant’Agostino, sopraelevata rispetto alla strada, e mi fermo ad ammirare il portale d’ingresso con le due colonne laterali in pietra. Poco più avanti si trova un’altra chiesa, quella parrocchiale di San Vincenzo. Peccato che entrambe siano chiuse e non possa vedere quali tesori custodiscano al loro interno.
Pedalo senza fretta. Passo un piccolo anfiteatro urbano, un parco giochi, una grande villa che sembra non farci nulla in un paesino così piccolo, forse disabitata ma ben tenuta, e torno verso il centro, dove la bella palazzina dell’ex Monte Granatico custodisce il Museo Etnografico della Donna, purtroppo chiuso.
Il cielo si sta coprendo. Le previsioni non promettono nulla di buono. Mi rifugio al bar del paese. Ne approfitto per scrivere e mettere in ordine un po’ di cose e capire dove dormirò stanotte. E faccio un po’ di ricerca su cos’altro possa esserci da conoscere in questo comune, e incappo in una storia interessante.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Entro un’ennesima volta in punta di piedi nel campo dell’archeologia sarda. Leggo di ritrovamenti di ossa umane giganti proprio nelle campagne appena fuori dal centro abitato di Pauli Arbarei. E di un signore che garantisce di averle viste. Lo scultore Luigi Muscas.
Chiedo di lui al bar. Mi dicono che abita in paese e mi indicano la sua abitazione. Mi rimetto in sella, pronto a carpire tutti i segreti di questa storia. Arrivo all’abitazione, una casa con un grande cortile. Busso alla porta. Non risponde nessuno. Vado più avanti per vedere se si intravede qualcuno, ma nulla. Ribusso. Nulla.
Tornato al bar mi accontento di guardare un video su YouTube che racconta questa vicenda, che sa tanto dell’ennesima bufala “fantarcheologica”. Luigi racconta che da bambino con gli amici andava a giocare nelle alture fuori paese, e che qui si trovavano i resti di un antico villaggio. Entrato in un buco si ritrovò di fronte uno scheletro gigante, mummificato, con ancora legamenti e frammenti di pelle.
Racconta al nonno della scoperta, il quale gli dice che in tempi passati anche loro, arando la terra, trovarono diverse ossa giganti. E si dice che ulteriori scheletri vennero trovati negli scavi di Sant’Anastasia a Sardara. Ma queste scoperte durarono poco. A detta di Luigi le ossa vennero nascoste e portate via dal personale addetto agli scavi e da allora non se ne seppe più nulla.
È tardi, il cielo è nero, minaccia pioggia, la giusta atmosfera per un mistero di tale portata. Sono riuscito a prenotare un b&b a Tuili dove sarò accolto domani. Mi metto in viaggio, pedalando a tutta forza per evitare le prime gocce d’acqua.
PS L’indomani, a fine giornata, chiedo a Matteo, presidente della Pro Loco di Tuili, di portarmi a vedere i terreni dove sarebbero stati trovati gli scheletri. Usciamo dal paese e in pochissimo tempo arriviamo in cima alle colline, sui quali versanti terrosi si vedono resti delle rocce provenienti dalla sommità, rocce squadrate che sembrano lastre. Ci fermiamo. Mi allontano dalla macchina ed entro nel terreno per guardare più da vicino. Non si sa mai che tra una pietra e l’altra si possa intravedere un osso gigante.