323/377: Gonnoscodina
ISPIRAZIONE
Parto nel primo pomeriggio percorrendo i pochi chilometri che mi separano da Gonnoscodina dove, arrivando in Comune, incontro Delfino, un signore che mi farà da guida del territorio, e che mi accoglie col libro di mio nonno Sebastiano in mano!
Dopo aver lasciato bici e bagagli, mi metto in macchina con Delfino che si rivela subito la memoria storica di questi luoghi. Ci avviamo subito fuori dal paese, nelle campagne, dove Delfino inizia a raccontarmi storie e aneddoti di delitti, avvelenamenti, avvocati spariti, elezioni truccate (Gonnoscodina è il primo comune in Italia che ha fatto annullare un’elezione comunale), fatti arcani e leggende, e per ogni luogo visitato ce n’è una!
Visto che siamo vicini, gli chiedo di accompagnarmi alla chiesetta di Santa Maria in Atzeni, che non ho potuto visitare nella giornata di Baressa. Da qui seguiamo il corso del Rio Gotzua che raccoglie le acque della Giara e confluisce sul Rio Mannu. Da queste parti esisteva il vecchio paese di Gocciula, con la con chiesetta di Santa Margherita, ormai scomparso. Passato uno spuntone di roccia Delfino me ne indica il nome, Su Corongiu de Concu Sanna e mi racconta che un grosso pezzo crollò sopra un tale di Baressa, schiacciandolo, e qualcuno dice che sia ancora lì sotto.
Arriviamo al ponte Romano sul Rio Mannu ma dal cartello rimango spiazzato, l’età è indicata come XVIII secolo…romano? Delfino mi spiega che il ponte venne ricostruito, riutilizzando materiale del vecchio ponte romano preesistente. Mi fa anche vedere qualche traccia di pietra con i solchi dei vecchi carri ma nel restauro queste pietre son state riposizionate in modo casuale. Intorno ci sono molti eucalipti e Delfino si lamenta del fatto che questi consumano troppa acqua, lasciando tutto secco. Mentre un tempo c’erano molte anguille nel fiume, oggi non se ne vedono più.
Guidiamo all’interno di una vallata tra tonde colline, costeggiata di fichi d’India cresciuti sulla roccia, i più buoni secondo Delfino. Tra queste colline veniva spesso avvistato un cavallo senza testa. Per molto tempo Delfino si è dedicato a rimboschire la zona, ha lavorato talmente tanto che un amico gli ha detto “ora qui vieni avvistato tu al posto del cavallo senza testa”.
Arriviamo alla parte finale della valle, dove si trova un rimboschimento. Delfino mi racconta che nel 1935 un tale appiccò un incendio al bosco distruggendolo. Poi il comune affidò il terreno agli abitanti, a strisce, per coltivarvi. In seguito tutto venne abbandonato e il terreno ripiantato a bosco. Poco più in alto si trovava il vecchio villaggio di Funtana, dove sembra vennero ritrovati scheletri di giganti. In questa valle si nascondevano diversi banditi, che da qui partivano per andare a fare le loro scorribande. Un giorno andarono a fare un colpo a Gonnostramatza. Un signore del paese, sentendo chiasso in paese si affacciò con un lumicino, e all’urlo di “fuoco alla luce!!” i banditi lo uccisero.
Rientrati in paese Delfino mi dice che Gonnoscodina era il paese più povero di legna perché veniva usata tutta per la produzione di tegole. Allora doveva andare a prenderla a Morgongiori con l’asino. Qui intorno i terreni sono fertili, ma talmente piccoli che “se uno ci si corica sopra si trova la testa nel terreno del vicino e i piedi in quello dell’altro”.
Arriviamo al parco San Daniele, con l’omonima chiesa su una piccola altura. Delfino mi racconta di uno zio che puliva lenticchie all’ingresso durante la festa. Tutt’ad un tratto si alzò una tromba d’aria che sparse tutte le lenticchie nel parco, ”non era luogo dove pulire lenticchie” aggiunge Delfino. Dentro la chiesa alcune signore fanno pulizia e riordinano fiori e statue. La sagrestia pullula di ex voto. Delfino mi indica la foto di una donna che venne uccisa dal marito “perché parlava troppo con la mamma”.
Arriviamo alla chiesa di San Sebastiano, con un organo antico, accanto al vecchio Monte Granatico, ora biblioteca, dove inizia ad arrivare qualche persona per ascoltare la mia storia. Arriva il Sindaco Pierpaolo, che conobbi già ad Albagiara, e che mi ospita a cena e a dormire in casa di uno zio. Quando Delfino va via mi sembra di ritornare nel mondo reale, dopo aver trascorso la giornata in un mondo leggendario.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Qualche tempo dopo la mia visita a Gonnoscodina, riconosco sull’Unione Sarda la foto di Delfino Porcu, a cui viene dedicato un bell’articolo che inizia così: “È nato il 17 maggio, 81 anni fa. Ma all’anagrafe lo hanno registrato il 18, perché il 17 portava male. Ha il nome di due animali e vive con 6 levrieri e una scrofa”. Nell’articolo, intitolato “Ho piantato 12mila alberi”, si parla della ricca vita e delle attività di Delfino, la conoscenza della natura, del territorio e di storie e leggende non solo sarde, ma anche di altre civiltà.
Tra le numerose storie che Delfino mi ha raccontato c’è quella di sua zia Onoria. Rientrata tardi a casa il padre le chiese dove fosse stata, e lei rispose che alla fonte (non distante dalla riva del Rio Mannu dove siamo passati oggi) incontrò un signore che la trattenne. Alla domanda su chi fosse quel tale, lei rispose con un nome, ma tale signore era morto molti anni prima. Una settimana dopo il racconto di questa bugia (o verità?), Onoria morì. Venne sepolta fuori dalla chiesa di San Bartolomeo, dove ora rimangono solo dei begli archi. Si dice che molti anni dopo le spoglie vennero tirate fuori per dei lavori nella piazza, ma vedendo il corpo intatto e senza i segni del tempo, la rimisero dentro ricoprendo tutto in fretta e furia.