313/377: Curcuris
ISPIRAZIONE
C’è ancora caldo, africano, e mi metto in moto per i pochi chilometri che separano Pompu da Curcuris senza immaginare ciò che mi attende, una salita costante per scavalcare una delle alte colline della Marmilla. Una volta arrivato in cima mi butto in picchiata verso Curcuris.
Arrivato in Comune mi accoglie il Sindaco Massimo e la vice-Sindaca Claudia che, dopo un caffè (in Comune perché l’unico bar del paese oggi è chiuso), mi portano in giro per le stradine di questo piccolo paesino. Il centro è molto ben curato con pavimentazione in pietra e case quasi tutte costruite con la tipica marna gialla di questa zona. Nell’angolo della piazza si trova una particolare costruzione di pietra, la ex-macelleria, e di fronte quattro anziani seduti, le uniche persone in giro oggi, che saluto dopo che essermi sentito il loro sguardo addosso per un po’.
Arriviamo alla chiesa di San Sebastiano, la cui facciata è moderna, ma il cui interno rivela l’età antica della chiesa. Qui si trova sia la statua della Vergine Maria che delle vecchie statue lignee di San Giorgio e San Sebastiano. Entriamo poi nella ex casa padronale dei Pilloni, restaurata dal Comune, dove oltre ad un vecchio forno ed un pozzo all’esterno, visito gli interni, con ancora preservati vecchi elementi architettonici, oltre alle parti rimodernate per un futuro uso ricettivo.
Gironzoliamo per le stradine, ricche di scorci con case in pietra e bei portali, e poi saliamo alla chiesetta di Santa Maria, del XIV secolo, bianca e con un bel campanile a vela, e due vecchie campane. Saliamo ulteriormente nella collina ed arriviamo ad un punto panoramico che si affaccia sui resti del castello Baru Mele di Ales e la Conc’e Mraxi di Monte Arci ulteriormente dietro.
Proseguiamo per una strada che ci porta all’area di addestramento cani da caccia, che ospita una colonia di cinghiali. Li vediamo oltre la rete ma appena ci sentono scappano in mezzo agli alberi nella zona lata del terreno. Massimo va un verso continuo e dopo un po’, stando fermi, i cinghiali si fidano e ritornano, sempre a distanza, ma possiamo vederne tanti, con anche qualche piccolino. La zona è ricca di sughere dalle quali è stata da poco estratta la corteccia, e intorno si trova un’area picnic ed una casa comunale usata per feste ed altre occasioni.
Rientrati in Comune, ammiro l’aula consiliare che contiene qualche quadro astratto del pittore locale Giuseppe Sanna, che mi piace molto. Per pranzo sono invitato a casa del Sindaco, dove la moglie Daniela ha preparato un lauto pranzo a base di pesce…finalmente!
Nel pomeriggio io e Massimo riprendiamo la macchina per visitare un altro paio di siti. Costeggiamo un fiume e saliamo su una collina dove pare che passasse l’antica strada romana che andava verso Fordongianus. Camminiamo sul fianco di una collina, dove iniziamo a trovare moltissimi resti di ossidiana. Pare che anche qui ci fosse un centro di lavorazione. Siamo vicini ai resti del nuraghe Perd’e Mogoru, intorno al quale troviamo moltissimi frammenti di vasellame che osserviamo con curiosità, lasciandoli sul posto per gli archeologi che, chissà, un giorno scaveranno qui.
Per finire ci muoviamo verso il punto dove si trovano i resti di una villa romana e una zona chiamata lapides. Qui si osservano delle fosse ricoperte di vegetazione, quelle che un tempo erano tombe, ricoperte di lapidi, ormai sparite. Ne troviamo solo una, al bordo della strada, e faccio notare a massimo delle linee incise, quelle che potrebbero essere delle lettere, magari il nome del defunto.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Il Sindaco Massimo mi fa dono di un libro su Curcuris, oltreché del gagliardetto e di un bel ciottolo di ossidiana. Sfoglio il libro per cercare qualche curiosità per la mia breve novella ed incappo subito nella descrizione che ne fanno Angius e Casalis nel loro Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli Stati di S. M. il Re di Sardegna. Non mi colpisce la descrizione di Curcuris, ma il fatto che non abbia ancora mai parlato di quest’opera titanica, andata in stampa tra il 1833 ed il 1856, compilata dal sacerdote Goffredo Casalis.
L’opera venne redatta con la raccolta di informazioni inviate a Casalis da tutto il regno Sabaudo, dunque nord Italia e parti di Francia. Per la Sardegna invece si affidò la raccolta di tutto il materiale a Vittorio Angius, personaggio controverso che morì in Piemonte in solitudine, ricordato per la sua grandezza solo da La Marmora e dal Canonico Spano. Angius iniziò anche lui a raccogliere i dati dalle istituzioni locali, ma ben presto decise di visitare lui stesso i luoghi, palmo a palmo, arricchendo le descrizioni dei paesi riportando usanze, credenze, feste, geografia e storia tramandata oralmente di ogni singolo villaggio.
Finora non avevo mai frugato il dizionario, ma ora che lo posseggo in pdf mi leggo Curcuris: “villaggio della Sardegna nel distretto d’Ales della prov. di Busàchi. Era nell’antico diparti- mento d’Usellus, del giudicato d’Arborèa. Giace a un miglio da Ales tra due colline, una, che dicono Corongiu al libeccio, dalle cui sommità è un vasto orizzonte; altra su bruncu de s. Maria a tram., e sta esposta a levante; perché vi si patisce una dannosa umidità”. E così via…ebbene una collina l’ho dovuta scalare in bicicletta faticando, sull’altra ho patito un caldo umido bestiale di metà ottobre…il dizionario è valido e di buon uso ancora oggi!