3/377: Orgosolo
ISPIRAZIONE
Il tempo è cambiato. Pioggia. Test delle mie attrezzature ‘waterproof’. Mi consigliano la vecchia strada verso Orgosolo. È bellissima. Costeggio il Supramonte, un’atmosfera decisamente autunnale. La strada è a tratti piena di fango che scende dai pendii.
Poi inizia a essere piena di crepe. Poi inizia a non essere. Ovvero pezzi crollati nella scarpata sulla destra che si fa sempre più profonda. Protezione laterale assente e passo a pochi centimetri dal vuoto. Poi una corsia chiusa per una frana. E l’asfalto che non c’è più per un po’, ma poi ricompare.
Ma in bici tutto ciò non mi disturba, anzi è più bello (di certo non pensano lo stesso i turisti francesi che mi superano in macchina). Dopo la salita, un po’ di discesa, i soliti cani pastore che mi si avventano contro. Gli urlo contro. Si fermano, ma appena li passo mi corrono dietro, e per fortuna sono in discesa.
In lontananza intravedo Orgosolo, arroccato in alto. Spingo con le gambe, una, due, tre curve. Niente. Il paese non arriva. E l’ultimo tratto è faticoso.
Niente cartello d’ingresso qui. Dunque 377 street art rimandata a domani (non ci sarà neppure un cartello d’ingresso dalla strada per Mamoiada dunque niente 377 street art a Orgosolo…Un controsenso visto che qui tutto è street art).
Arrivo in paese. È domenica. Il paese è quasi vuoto, se non per turisti che passeggiano ad ammirare i murales. Nessuna accoglienza, ma non importa. Solo tre vecchi al bar che mi parlano, mi chiedono perché mai sarei dovuto andare a Oliena nella mia vita, e poi mi offrono una Coca Cola, augurandomi buon viaggio.
FRAMMENTI SONORI
Scritto per Francesca, sperando che continui a suonare il pianoforte!
BREVI NOVELLE SARDE
Francesca, 9 anni, suona il pianoforte.
È la figlia dei padroni del bed and breakfast che mi ospita. Timida. Timidissima. Capelli e occhioni neri. Parla quasi esclusivamente in orgolese coi genitori. Per il resto mi guarda incuriosita e ascolta la mia storia. Riesco a convincerla a suonare qualcosa al pianoforte, una tastiera elettronica. Si vede che avrebbe voluto suonare anche senza chiederglielo.
Inizia con brani semplici, a mani separate. Brava, penso io… Certo che se suonasse a mani unite… Neanche lo penso che lei già inizia il nuovo pezzo, a due mani. Brava! Le chiedo se sa che note sta suonando, le loro durate. Francesca sa tutto e risponde veloce e sicura. Le chiedo se ha mai ‘inventato’ musica sua, la mamma mi dice di sì, ma lei non vuole ammetterlo e cambia discorso. Poi arriva un pezzo più difficile.
Francesca mi dice che sa suonare solo la mano destra. Lo suoniamo insieme, lei la mano destra, io la sinistra con l’ukulele. Senza un errore, Francesca segue la mia parte alla perfezione.
Sarebbe la tipica allieva ideale Francesca, un piccolo talento. Allora decido di scriverle un breve pezzo, durante il mio momento creativo. Un po’ più complesso di quelli che ha suonato. Quando torno e glielo dono, lei lo accetta, timidissima, se lo porta alla tastiera e inizia a decifrarlo molto lentamente, si blocca, e poi si rialza, forse un po’ scoraggiata e se ne va vicino al camino.
Io lo so che per lei ora è un po’ difficile, ma sono sicuro che da domani Francesca se lo studierà tutti i giorni, accettando la sfida che solo le persone appassionate come lei possono fare.