272/377: Villanova Truschedu
ISPIRAZIONE
Sto uscendo dalle terre di Barbagia, ma nel mio percorso arzigogolato ci rientrerò tra non molto. Intanto percorro queste colline che bordano la valle del Tirso e discendo veloce verso Villanova Truschedu.
Il paese è ordinato, vuoto e silenzioso. Mi accoglie Sergio, il presidente della Pro Loco, che mi farà visitare questo territorio e che, insieme alla compagna Marie Claire, mi darà ospitalità nella loro bella casa, una palazzina storica nella via principale del paese.
Facciamo un giro tra le vie del paese, un tempo frazione di Fordongianus e poi Comune dal 1950. Nella piazza, contornata di palazzine storiche, troneggia una bella statua dello scultore Peppino Solinas, in trachite rossa, anche qui la litologia dominante. Passiamo diversi murales e arriviamo al bordo del paese dove si trova, con mio grande stupore, un campo di rugby!
Prendiamo la macchina per andare a visitare il nuraghe Santa Barbara. Passiamo il ponte sul fiume Tirso, e attraversiamo le campagne, dove domina la Dafne Gnidium, su truiscu in sardo, da cui deriverebbe Truschedu. Queste sono storicamente terre di transumanza, dove i pastori delle Barbagie, specialmente da Fonni, portavano stagionalmente il bestiame.
Arriviamo al sito archeologico, dove si trovano diverse capanne e il nuraghe, bellissimo. Entriamo all’interno della cosiddetta Stanza del Sole, e Sergio mi mostra l’apertura a forma di testa di toro proprio sopra l’architrave principale, da dove, il 21 dicembre, la luce del sole entra e proietta la testa taurina sulla parete di fronte . Qui viene anche organizzata la rassegna Musica dal Nuraghe, dove artisti di vari generi fanno risuonare questi ambienti in un’atmosfera magica.
Nel pomeriggio visitiamo una vecchia fontana in pietra al centro del paese, dove un tempo si trovavano delle concerie. Ci allontaniamo dal centro verso la chiesa parrocchiale di Sant’Andrea Apostolo, dalla cui piazzetta si può ammirare tutta la vallata sottostante.
Da qui ci spostiamo di nuovo nelle campagne per visitare la chiesa campestre di San Gemiliano, del tardo romanico. Tutt’intorno si trovano le ‘cumbessias’, alcune restaurate e altre più vecchie, divise tra i comuni di Villanova Truschedu e Bauladu, non lontano da qui nonostante lo visitai quasi un anno fa.
All’interno della chiesetta si trova un bellissimo altare ligneo del Seicento e varie statue lignee. Questo è un vero e proprio santuario, meta di pellegrinaggi da tutti i paesi limitrofi. Probabilmente lo è da millenni visto che qui vicino si trova un nuraghe con resti di capanne, in continuità con le cumbessias nuove e quelle più vecchie.
Sergio mi mostra l’interno di alcune di queste cumbessias e mi parla di un’interessante evento che venne allestito qui nel 2013, dal titolo Una Cella per Gramsci.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Tra gli artisti di Una Cella per Gramsci c’è anche Marie Claire Taroni, compagna di Sergio. La sua famiglia veniva dalla zona del Lago di Como, lei visse a Parigi e a Napoli prima di trasferirsi in Sardegna, andando ad aumentare il numero di artisti non sardi che operano nella nostra terra, alimentando un proficuo scambio culturale e fornendo materiale di riflessione con la sua opera artistica.
Una volta rientrati a casa la sera, Sergio mi mostra delle belle immagini di un’installazione che Marie Claire allestì a Potenza insieme a Mauro Podda, artista di Terralba, dal titolo “Qui habet aures audiendi, audiat” (chi ha orecchie per intendere intenda). Una pietra sospesa era circondata da menhir. Avvicinandosi all’istallazione dei sensori attivavano un suono simile ad un battito cardiaco, il battito della pietra, che sembrava animarsi con la presenza del visitatore, a ricordare l’importanza della natura e la sua fragilità quasi umana davanti alle devastazioni operate dall’uomo.
Nel 2013, a San Gemiliano, Marie Claire era uno degli undici artisti che, su proposta della Biblioteca Gramsciana di Ales, allestirono “Una cella per Gramsci”, insieme a Marco Lorenzetti, Mauro Podda, Tonino Mattu, Marco Pili, Federico Coni, Francesco Casale, Michele Marrocu, Massimo Spiga, Fabrizio Daprà, Ilaria Marongiu. Nelle cumbessias ogni artista allestì una “cella” gramsciana, prendendo ad ispirazione una delle sue lettere dal carcere.
Marie Claire venne ispirata dalla lettera dei “due passerotti” che inizia così: “Carissima Tania, ti racconterò la storia dei miei passerotti. Devi dunque sapere che ho un passerotto e che ne ho avuto un altro che è morto, credo avvelenato da qualche insetto (una blatta o un millepiedi). Il primo passerotto era molto piú simpatico dell’attuale. Era molto fiero e di una grande vivacità. L’attuale è modestissimo, di animo servile e senza iniziativa”.