248/377: Macomer
ISPIRAZIONE
Come immaginavo al risveglio ho un forte dolore al piede, causato dalla caduta di ieri, e non appena poggio il piede per terra capisco che sarà dura pedalare, ma soprattutto camminare. E inizio a temere anche per il resto del viaggio.
Mi metto comunque in bicicletta per uscire dalla Planargia ed entrare nel Marghine. Lungo la strada per Macomer avvisto il nuraghe Succoronis che annuncia un territorio ricchissimo di testimonianze nuragiche.
Dall’altra parte della statale 131, di fronte alla città al di sotto del costone roccioso, si trova l’imponente nuraghe Santa Barbara, un’alta torre in basalto sopra un grande bastione quadrilobato.
Nel territorio si trovano anche la necropoli di Filigosa, e l’importante sito di Tamuli, dove si trovano menhir e tombe dei giganti. Purtroppo devo chiamare la cooperativa che gestisce i siti per disdire le mie visite, il dolore al piede non mi permette di camminare!
Come ho già provato altre volte, entro a Macomer con la sensazione di entrare in una metropoli, dopo aver trascorso le ultime settimane, fatta eccezione per Bosa, in paesi minuscoli. Supero la Piazza delle Due Stazioni, così chiamata per la presenza di due stazioni ferroviarie, quella delle Ferrovie dello Stato che collega Cagliari con Sassari e Porto Torres, e quella delle Ferrovie della Sardegna che collegano Macomer con Nuoro da una parte e con Bosa dall’altra (le due linee sono entrambe chiuse…Benjamin Piercy si starà rivoltando nella tomba!)
Mi sistemo al b&b Casa Castori, un bellissimo palazzetto medioevale in basalto, e riesco giusto a fare pochi passi nelle vicinanze, per ammirare il centro storico, con le case quasi tutte in basalto, e che portano tracce degli antichi dominatori spagnoli sotto forma di begli architravi e cornici di porte e finestre.
Qui vicino si trova la chiesa parrocchiale di San Pantaleo, del 1635, in una posizione panoramica da cui si può ammirare tutta la piana di Abbasanta. Questa parte di Macomer si affaccia su un costone basaltico sulla valle del Rio S’Adde. Ed è proprio in una grotta di una gola di questo fiume che venne ritrovata la famosa Venere di Macomer, una statuetta basaltica datata tra Paleolitico e Mesolitico e conservata al museo archeologico di Cagliari.
In serata, quando il piede sembra andare un po’ meglio, incontro Gian Luca, presidente dell’associazione ProPositivo e organizzatore del Festival della Resilienza che si sta svolgendo proprio in questi giorni. Gian Luca mi accompagna in alcuni quartieri più moderni della città, dove negli ultimi tre anni sono state realizzate una serie di opere di street art da parte di artisti locali e internazionali nell’ambito del festival.
Mentre passeggiamo ammiro i murales dai vivi colori, dagli stili diversi, che spesso ‘parlano’ delle vicende che hanno caratterizzato questi luoghi. Mi colpiscono in particolare quei murales che raccontano la storia dell’industria locale.
Macomer infatti, essendosi trovata in una posizione centrale e ben collegata al resto della Sardegna da ferrovie e strade, è stato e continua ad essere un importante polo produttivo. Attualmente le industrie che producono sono principalmente quelle tessili e casearie localizzate nella grande zona industriale di Tossilo, nella piana sotto la città.
Gian Luca mi porta a vedere quelli che ormai sono i ruderi dei vecchi caseifici, dove alcune famiglie producevano formaggi per l’esportazione in tutto il mondo, e degli stabilimenti della ALAS (Anonima Lanaria Sarda) che lavorava l’orbace, la lana grezza, e produceva lana per materassi, tessuti e coperte.
E concludiamo il giro a vedere dei murales che sono in opera di completamento su tre facciate di palazzine popolari che circoscrivono una piazzetta. A destra una grande e coloratissima Grazia Deledda, realizzata da Mamblo in collaborazione con l’Associazione Skizzo, gruppo fondatore e promotore dell’iniziativa Non Solo Murales di San Gavino Monreale.
Al centro una lavoro degli artisti sardi Kiki Skipi e Andrea Casciu e dell’artista di fama internazionale Nemo’s, ispirato all’archetipo di società sarda, fondata su di un matriarcato schiacciato dalla disumanità mascolina, la quale sorregge la navicella nuragica, simbolo dell’antica civiltà isolana.
A sinistra l’opera degli artisti cagliaritani Daniela Frongia e Daniele Gregorini. Il lavoro rappresenta l’instabilità del mondo, in equilibrio e in bilico al tempo stesso, sorto da un fiume di concetti e di parole e in cui l’uomo si ammoderna e si incupisce. Le stesse parole dipinte sono state ispirate dalle reali conversazioni o dalle frasi udite dagli artisti nella piazza durante l’esecuzione dell’opera.
A fine serata sono invitato a suonare l’ukulele ad uno degli eventi organizzati per il Festival della Resilienza, la presentazione del libro Le Stelle di Capo Gelsomino da parte dell’autrice Elvira Serra. Le mie note, concepite in questo viaggio, fanno da apertura al racconto di Elvira, e uniscono Macomer, Nuoro e quel fantastico Capo Gelsomino, ispirato dall’assonante e reale Capo Comino.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Vivendo all’estero mi sono reso conto di quanto gli italiani (e i sardi) siano un popolo propenso alla lamentela continua (e per chi mi conosce bene io ne sono la conferma!)
Dall’assunto “se il tempo passato a lamentarci dei problemi lo investissimo nella ricerca di soluzioni, ad oggi disporremmo di alternative concrete, innovative e sostenibili” nasce nel 2009 il progetto ProPositivo.
Gian Luca e un gruppo di amici tutti formatisi fuori dalla Sardegna decidono di rientrare e di creare una realtà che trasformi la crisi in opportunità, di proporre soluzioni anziché lamentarsi, di resistere con la resilienza, la “capacità di far fronte in maniera positiva a eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la propria vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirsi restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre, senza alienare la propria identità”.
Il manifesto di ProPositivo recita “Attraverso un approccio metodologico basato sull’incontro e la sinergia tra il mondo della scienza sociale e quello dell’arte pubblica, l’obiettivo è creare un ambiente dinamico e multilinguistico, capace di collegare logica e creatività, scuola e imprenditoria, istituzioni e società civile, pubblico e privato, ambiente ed urbanistica”.
Macomer dunque come luogo di ‘resistenza’ ai processi moderni e alle crisi che sembrano annientare le realtà più piccole, e giovani con la volontà di mettere a sistema le realtà più virtuose in campo economico, sociale e culturale. Forza ragazzi!