244/377: Flussio
ISPIRAZIONE
Oggi finalmente è entrato il maestrale, l’aria è più fresca ed il cielo è parzialmente coperto, quello che stavo aspettando! La breve pedalata è piacevole. Non ricordavo che sul percorso per Flussio avrei incontrato prima Tinnura. I due comuni sono attaccati. I cartelli, fine di uno e inizio dell’altro, sono in successione, letteralmente pochi metri, proprio come ho già trovato in un po’ di casi, Baratili San Pietro e Riola Sardo, Ghilarza e Abbasanta, e poi Muros e Cargeghe.
Arrivo alla piazza principale, di fronte al Municipio il cui ingresso è abbellito da statue di basalto. Le pareti della piazza sono ricche di murales, ritraenti donne sarde nell’atto di intrecciare i cestini, tipica arte di questo paese, e altre scene di vita paesana. Una bella fontana, un pavimento di pietre multicolore e un bar, dove entro e decido di perdere qualche ora a recuperare un po’ di lavoro sul blog.
Dopo aver mangiato, mi rimetto in bici, visto che la giornata non è poi così calda ed il cielo un po’ coperto. Arrivo alla chiesa di San Bartolomeo, di cui rimane il bellissimo abside in pietra antico, il resto ristrutturata in stile moderno.
Da qui parte il bellissimo belvedere, costeggiato da massi basaltici enormi, che costituivano un’antica muraglia megalitica di probabile età nuragica. Lo percorro tutto in bici, godendomi il bellissimo panorama della stessa vallata che ho ammirato da Modolo e da Magomadas. E da qui posso vedere questi e tutti gli altri paesi della Planargia, Tresnuraghes, Tinnura e Suni che vedrò nei prossimi giorni.
Rientro nelle vie del paese, passando case quasi tutte costruite con la pietra basaltica scura, di cui questi altopiani sono costituiti (e che poggiano sopra i calcari bianchi che osservavo più in basso nella valle di Modolo). Supero il Museo dell’Asfodelo, oggi chiuso, e arrivo alla chiesa parrocchiale di Santa Maria della Neve, tutta rosa, in parte verniciata, in parte ornata di trachite rosa molto probabilmente proveniente dalla zona di Bosa.
Una volta rientrato sulla via principale, incappo in qualche esposizione di cestini di asfodelo fuori da case private. È ancora pomeriggio presto e non c’è nessuno in strada o sulle porte per poter chiedere maggiori dettagli su quest’arte. Mi accontento di ammirare i dettagli di fattura, rigorosamente a mano, la geometria dei disegni, le differenze di colore delle fasce avvolte in maniera certosina.
Mi avventuro poi in una strada laterale che indica la chiesa di San Costantino ed il parco ‘Sa Roda’ ma non c’è la distanza chilometrica, potrebbero essere due come dieci chilometri. Dopo un po’ di strada fuori dal paese, in mezzo a qualche terreno incolto e qualche vitigno, decido di tornare indietro.
Passo accanto ad un ‘percorso benessere’ dentro un piccolo parco, poi supero la ferrovia della linea del Trenino Verde Macomer-Bosa, e supero la Cantina Sociale della Planargia, produttrice di malvasia, il pregiato vino locale. Flussio è anche inserita nella ‘Strada del vino malvasia di Bosa’.
In poche ore ho girato tutto quel che c’era da vedere. In silenzio. Mi sento appagato.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Peccato non essere capitati qui a Flussio in periodo primaverile, quando le piante di asfodelo iniziano a fiorire e ne viene fatta la raccolta. È subito dopo la raccolta che le piante attraversano varie fasi di lavorazione, spesso visibili per le vie del paese.
Inizialmente le piante vengono fatte essiccare una prima volta, avvolte in fasci che vengono appoggiati ai muri esterni delle abitazioni del paese. Una volta divisi tutti gli steli con un coltello a punta, questi vengono fatti essiccare una seconda volta al sole per le vie del paese, e vengono ritirati la notte per non assorbire umidità. È proprio in questa fase che il paese assume un’aria pittoresca.
Una volta essiccati gli steli vengono riuniti in grossi fasci e riposti in luoghi asciutti. Per essere lavorati hanno bisogno di essere bagnati per 5 ore in apposite vasche di pietra e successivamente attendere circa un giorno per essere suddivisi in 3 parti, esterna, intermedia e interna. Le prime due servono per produrre i motivi sul cestino, avvolgendole attorno alla parte interna, formando una spirale fino ad ottenere il cesto, la cosiddetta corbula.