238/377: Magomadas
ISPIRAZIONE
Parto dalle campagne di Modolo che fa già un caldo pazzesco. Riattraverso il paesino per proseguire la salita verso Magomadas, paese il cui nome sembra uscito da un romanzo di Garcia Marquez. Salendo lo vedo lì sopra un’altura, e pian piano mi inerpico in salita, ammirando il panorama strepitoso sulle vallate coltivate a vigne e ornate di calcari bianchi, che si estende fino al mare di Bosa.
Entro in paese e percorro la via principale. Anche qui come nei paesi di questa zona, molte porte e finestre sono contornate da trachite rossa. Passo la chiesetta di Santa Croce in una piazzetta dalle casette quasi più interessanti della chiesa, e proseguo su una salita mozzafiato che porta alla parrocchiale di San Giovanni Battista, la cui cupola principale, e le due cupolette secondarie, tutte rivestite di maioliche coloratissime, si stagliano nel blu intenso del cielo.
Mi supera un motociclista che mi consiglia di girare a destra alla fine della salita. Seguo il consiglio. Sono nella zona alta, costeggio un belvedere impressionante, e ritrovo il motociclista, con una barba molto più lunga della mia. È Matteo, originario di Tresnuraghes ma residente da tempo a Milano e qui in vacanza, col quale inizio a scambiare due chiacchiere. Da qui ammiriamo tutto il panorama intorno, sia le zone interne, vigne, calcari, sia la costa, dalle altissime montagne tra Montresta e Bosa che discendono sul mare, fino alla distesa blu oltre le colline.
Salutato Matteo, gironzolo ancora un po’ per le stradine, mi imbatto nel Museo del Vino, chiuso, nel quale si trova la storia della vinificazione in Planargia, probabilmente incentrato sulla malvasia, il tipico vino locale, a cui viene dedicata anche la sagra della Malvasia. Torno verso l’ingresso, passo un muraglione ricco di murales, raggiungo l’antica fontana di Sant’Elia, e poi decido di scendere verso la costa.
Dai più di 200 metri di altitudine mi lancio verso la Marina di Magomadas, passando ulteriori terreni coltivati a vigne, e arrivando in breve tempo alla frazione balneare di Santa Maria del Mare. Raggiungo il piazzale dell’omonima chiesetta, dove una volta all’anno arriva in processione dal Magomadas la statua della Vergine con Bambino.
La vista da qui è fantastica, il Mar di Sardegna, una distesa blu, sterminato, la linea d’orizzonte completa, a destra la costa verso Bosa, si distingue Bosa Marina e la torre alla foce del Temo, a sinistra il capo con un isolotto in territorio di Tresnuraghes dove sarò domani. Mi trattengo un po’ per godermi questa vista quasi infinita e poi mi rimetto in bici per rientrare verso Bosa dove stanotte pernotterò, ospite ancora di Alex e Paola alla Muraglia Vecchia.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Quando ci infiliamo in un bar a prendere un caffè, Matteo mi racconta di un amico pianista di Magomadas, Fabio, che vive a Londra. Noto anche come “pianist without borders”, Fabio ha iniziato facendo la gavetta in una pizzeria, mentre ogni notte frequentava i suonatori di percussioni a Piccadilly e si appassionava ai ritmi africani. Da qui la decisione di partire in Africa ad imparare dai veri maestri del ritmo.
Rientrato in Europa decide di unirsi al progetto Global Public Pianos, il consorzio di artisti che viaggiano il mondo suonando i pianoforti messi a disposizione nei luoghi pubblici, stazioni, angoli di strada. Fabio suona le sue composizioni, ha suonato più di 700 pianoforti in tutto il mondo.
Nelle sue parole: “Portare un pianoforte in mezzo a una strada vuol dire creare una comunità intorno a quel luogo. E’ una cosa unica, incredibile, potente. Se potessi farei solo il musicista di strada”. Il suo sogno è quello di portare il pianoforte nell’Africa rurale, ma io direi che anche in Sardegna avremo bisogno di pianoforti per strada, dunque Fabio perché non iniziare da qui? Dopotutto siamo in parte Africani anche noi!
Anche se non ho avuto modo di visitare siti archeologici in questa zona, so che questi territori erano abitati sin da età pre-nuragica e nuragica, come testimoniano i resti di domus de janas, pozzi sacri e varie torri nuragiche che dominavano strategicamente la valle attorno. La storia dice che l’insediamento originario di Magomadas sorse in epoca punica: a conferma il toponimo Magom Adasht, ‘città nuova’.
Poi c’è la leggenda narrativa immaginata dallo scrittore Sergio Atzeni nel suo ‘Passavamo sulla terra leggeri’ quando descrive il naufragio in questa costa dei S’Ard, il popolo del mare, in questo bellissimo paragrafo:
“Le correnti furono dolci e nominando tutte le sillabe nominammo Fe, stella del mattino, prima stella della notte, favorevole alla fecondità e vedemmo le scogliere rosse avvicinarsi. Nessuno di noi aveva mai governato un approdo. M’u disse, nell’antica lingua: «M’ag o m’ad as». Così chiamammo quel luogo e il nome rimase nei millenni fino ad oggi. Il mare gettò la nave contro le rocce. Ventuno volte, finché la ridusse in cento e cento pezzi. M’u il saggio scomparve fra le onde, l’acqua gli consumò le ossa. Ventuno sopravvivemmo”.