222/377: Banari
ISPIRAZIONE
Già da qualche giorno il rosso della “trachite di Banari” è comparso nelle costruzioni dei paesi vicini ed oggi finalmente arrivo in questo paese del Meilogu, ricco più degli altri di abitazioni “rosse”!
Arrivo alla piazzetta principale, di fronte al Comune, dove incontro Josephine, artista con la quale passerò la giornata. Dopo il caffè di rito, nei tavolini della piazzetta, ci mettiamo in macchina per visitare il territorio.
Prima tappa a S’Adde Manna, la valle grande, incuneata tra alture fuori dal paese. Qui si trovano diversi esemplari di pinnetti, le tipiche costruzioni in pietra dei pastori. Questi però hanno una particolarità rispetto a quelli che ho già visto in Barbagia: hanno anche il tetto di lastre di pietra invece che di frasche, un po’ come le tholos dei nuraghi. Il pinnetto che visitiamo, inoltrandoci tra la vegetazione sotto il sole che picchia, è di un bel calcare chiaro.
Ci spostiamo e percorriamo un pezzo della valle di Cea. Arriviamo alla chiesetta romanica di Santa Maria di Cea. Questo nome, in sardo Nostra Segnora ‘e Se (abbreviazione di Seve, un villaggio scomparso) l’ho già ritrovato nella spiaggia Cea di Tortolì…chissà se hanno lo stesso significato. Josephine mi dice che questa valle un tempo era ricca di acqua e di mulini. Guardando il Monte Santo in lontananza, mi viene in mente il discorso del Sindaco di Bonnanaro sulle acque deviate verso le grandi dighe e ormai assenti da tutto questo territorio.
Rientriamo in centro e passeggiamo per le sue ordinate stradine, dove la maggior parte delle case presentano la roccia rossa mista al calcare bianco, molti muri hanno anche le “lorighe”, gli anelli per legare gli animali, in trachite rossa, e perfino la funtana ‘e josso, con le belle teste di leoni è tutta rossa.
Arriviamo alla chiesa romanica di San Michele, tutta rossa, all’interno della quale si trova una bella statua lignea del santo, tenuta qui in un altare fatto costruire come ex-voto quando il carretto che la trasportava precipitò lungo una scalinata proprio fuori dalla chiesa. L’evento è anche raffigurato in un dipinto.
Nel pomeriggio visitiamo la biblioteca, nel bel Palazzo Solinas. Ci accoglie Pinuccio il bibliotecario, che ci mostra questo bellissimo luogo. Qui, incredibile per un paesino così piccolo, si trovano circa 17000 volumi. In un libro di musica popolare sarda trovo anche lo spartito di Mariedda, il canto basato su una poesia di mio bisnonno Pasquale Dessanai. In una sala si trovano delle teche dedicate a Barore Sassu detto “limbamala”, un importante poeta improvvisatore locale.
Infine ammiriamo la mostra fotografica sul “Treno della Memoria”, l’importante progetto nazionale che consiste nel portare le scolaresche ai campi di Auschwitz e Birkenau, per toccare con mano quella orribile pagina di storia dell’umanità, e ritornare alle proprie vite con una coscienza diversa, in grado di riconoscere e contrastare ogni traccia di odio ed indifferenza, purtroppo ben presenti nella realtà odierna.
Incontriamo poi alcuni membri del coro Su Concordu Banaresu nella loro sede. Purtroppo mancano diversi elementi e non riesco a sentirli cantare, ma mi raccontano delle loro attività e del loro repertorio, dove trovano spazio testi di Barore Sassu e del poeta contemporaneo banarese Angelo Porcheddu.
Ma il momento musicale arriva subito dopo, quando ci rechiamo nello studio degli Hi-Vibes, un gruppo locale di reggae. Mi accolgono due dei membri, Giacomo e Ivan. Oltre a farmi sentire qualche brano loro, ci lanciamo in una jam session, io all’ukulele, che in questo contesto suona benissimo! Qui ci raggiunge anche il Sindaco Antonio e dopo che smettiamo di suonare ci dirigiamo tutti nella piazza centrale per un aperitivo.
Prima di cena io e Josephine facciamo un’ultima passeggiata in centro, ricco di scorci stretti passaggi. Arriviamo alla funtana ‘e supra e al vecchio lavatoio coperto, entrambi rigorosamente di pietra rossa. Percorriamo quella che era la passeggiata dei nobili che finisce nella vallata che va verso Ittiri, e da qui si ammira tutto il paese al tramonto, con il campanile rosso della chiesa parrocchiale di San Lorenzo. Arriviamo proprio sulla sua elegante piazza, dove si trova anche l’oratorio di Santa Croce, e rientrando a casa col sole calato il rosso delle case e delle statue in trachite sparse di qua e di là assume un colore diverso.
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
A Banari sarei potuto incappare in Giuseppe Carta, il celebre artista del “peperoncino”, oppure in Gavino Sale, leader storico dell’IRS, partito per la “indipendèntzia Repùbrica de Sardigna”. Invece il mio progetto è stato intercettato dall’artista Josephine Sassu. Rientrati in casa dopo la lunga giornata, Josephine mi mostra alcune delle sue opere in giro per la casa, e qualcuno dei suoi cataloghi. Mi piace il suo stile, e mi colpiscono delle opere in ceramica appese su per le scale, i “nonomagalovirus”.
Le sue parole spiegano meglio di quello che possa dire io la sua storia e filosofia artistica:
“Sono nata nel 1970 in Germania, da mamma umbra e papà sardo che, dopo quattro dalla mia nascita tornarono in Italia stabilendosi in Sardegna; ho portato con me un’erre moscia e una grande passione, favorita dall’insularità, per le linee aeree e l’unione europea.
Ho intrapreso studi artistici – sempre nell’isola, ma con il naso per aria – e ora, da venti anni circa, faccio l’artista… sono passata, senza quasi accorgermene, dalle costruzioni Lego, la tv per ragazzi, Spazio 1999, Goldrake Ufo Robot, a Penelope, Pino Pascali, Italo Calvino, il movimento Gutai, Francesco Ciusa, Gina Pane e altri, senza troppe formalità e non licenziando mai nessuno in tronco.
Venti anni di operato sono tanti, almeno abbastanza per individuare delle costanti: se il corpus del mio lavoro può sembrare eterogeneo, in realtà i soggetti sono quasi sempre gli stessi, animali reali o fantastici, e anche il concetto di fondo, sebbene sempre molto serioso, si distrae facilmente per mettersi a giocare…. Perché se in guerra è lecito confondere il nemico, in arte mi pare doveroso mettere sempre i baffi alle proprie Gioconde. Se nulla si crea, nulla si distrugge ma tutto si trasforma, è inutile darsi troppe arie!”.