221/377: Siligo
ISPIRAZIONE
Anche oggi un brevissimo tragitto sotto il sole per arrivare nella piccola Siligo, dove mi accolgono il Sindaco Mario con Antonio della Fondazione Maria Carta e Mario, membro del coro di Ploaghe che ho conosciuto di recente.
Una volta parcheggiata la bici e sistemati i bagagli nel mio alloggio, gentilmente fornito da Antonio, ci rechiamo alla piscina comunale per una bevanda fresca nel chioschetto, tra la gioia dei bambini che sguazzano nell’acqua. Ci prepariamo a visitare Siligo sotto il sole.
Prima tappa l’Oratorio di Santa Croce, la cui antica facciata bicolore, calcare bianco e trachite rossa di Banari, è incastonata tra case moderne. Al suo interno si trova un bel crocifisso in quercia usato per S’Iscravamentu. Proseguiamo per la chiesa parrocchiale di Santa Vittoria, del tardo ‘500, da dove durante la festa patronale parte la processione per le vie del paese.
Passiamo un luogo chiamato Sa mandra ‘e corte, dove un tempo si raccoglieva il bestiame smarrito per il quale poi il proprietario doveva pagare per poterlo ritirare. E arriviamo fino al belvedere Su Runaghe, dal quale si gode di una incredibile vista su tutto il Meilogu e Logudoro.
Si nota anche una costruzione in direzione Ardara: è l’osservatorio astronomico, dotato del telescopio più grande che ci sia in Sardegna. È gestito dalla Società Astronomica Turritana di Sassari che ha anche realizzato un planetario che si trova dentro il paese (ed è il secondo di cui vengo a conoscenza, dopo quello di Ollolai).
Dopo un lauto pranzo a casa dei genitori di Antonio, dove il papà mi racconta svariati aneddoti della vita della celebre sorella Maria Carta, è giunto il momento da me tanto sospirato di visitare il museo dedicato a questa artista sarda straordinaria, in un edificio tutto in granito sardo purissimo.
Vengo guidato dallo stesso Antonio, nipote della cantante, che mi racconta episodi della straordinaria vita della zia, mentre giriamo tra le belle sale del museo, allestite con abiti di scena originali, fotografie, scritti, opere d’arte a lei dedicate (in particolare quelle dell’artista Gianni Polinas incontrato ad Olbia e che ormai è divenuto un’altra presenza amica in questo viaggio) e video di performances indimenticabili.
Ci sarebbe troppo da dire su quest’artista, dunque vi consiglio di immergervi nella sua musica e venire a visitare questo luogo. Ma un’altra cosa che mi colpisce delle attività della Fondazione Maria Carta è l’ideazione del progetto ‘Freemmos, fermi contro lo spopolamento’, che, come mi racconta Antonio, ambisce a rivitalizzare i piccoli centri della Sardegna a rischio estinzione con una serie di iniziative di carattere culturale ed artistiche.
Rincontriamo Mario per scendere in macchina verso la vallata dove passa la 131, dove l’acqua scorre in abbondanza e proprio a ridosso della strada viene raccolta in un vecchio lavatoio, dove tra l’altro anche Maria Carta si recava spesso.
Non lontano da qui si trova la località Mesumundu, letteralmente il centro del mondo, ma in realtà forse centro del Meilogu. Qui si trova la chiesetta di Santa Maria de Bubalis (o di Nostra Signora di Mesumundu), bellissima con la sua policromia di file di mattoni. Tutt’intorno resti di terme romane e di un acquedotto.
Da qui possiamo ammirare bene il Monte Santu con la sua tipica cima piatta visibile da tutto il territorio circostante per chilometri, dove si trova la chiesetta di Sant’Elia e Sant’Enoch, e accanto alla quale si trovava anche un convento dei monaci benedettini, ora scomparso.
L’ultima tappa di questa serata è a S’Aspru, la comunità creata da Padre Salvatore Morittu e gestita dall’associazione Mondo X, che opera nel campo del disadattamento e dell’emarginazione sociale, accogliendo nelle sue strutture tossicodipendenti e malati di AIDS. Ci accoglie Giuseppe, il secondo responsabile, che ci porta in giro nella struttura.
Prima di tutto all’esterno, dove si trovano i giardini ben curati e poi tutta una serie di aree per svariate attività. Giuseppe infatti ci spiega che ci sono tre aspetti fondamentali del recupero di queste persone: il lavoro manuale (che qui avviene nell’orto, nel caseificio, nel lavoro con gli animali, nella cucina, lavanderia, falegnameria), la cultura (tramite l’utilizzo di una fornitissima biblioteca, e l’organizzazione di conferenze. La televisione invece viene concessa ogni 15 giorni), e la ricerca di se stessi (tramite costanti colloqui con gli operatori ed i rapporti con gli altri).
Facciamo poi un giro all’interno della bellissima struttura, nelle sue cucine, nelle sale, nella cappella, ed una serie di fotografie mostrano com’era questo posto all’inizio degli anni ’80 prima dell’arrivo di Padre Morittu, e di come sia stato lentamente trasformato da lui e da tutte le persone che ci hanno transitato e lavorato.
Rientriamo in paese e siamo giusti in tempo per l’incontro con il gruppo folk Santa Maria de Bubalis, che mi delizia con una serie di balli sardi, e poi ci avviamo verso un bar del centro storico, fuori dal quale è stata allestita una cassa al quale collego l’ukulele e suono qualche brano raccontando del mio viaggio ad un pubblico variegato e allegro!
FRAMMENTI SONORI
BREVI NOVELLE SARDE
Rientrando sulla via principale di Siligo, dopo aver passato la piazza dedicata a Maria Carta con un bel murale, mi viene mostrata la porta di una casa, tutta contornata di colonne in pietra rossa di Banari e con una testa di caprone sul bordo superiore. È la casa di Gavino Ledda, autore del libro Padre Padrone, e nativo di Siligo. Così come non mi son potuto dilungare per descrivere la figura di Maria Carta, non lo farò per quest’altro celebre personaggio.
Certo è che la sua vicenda umana, raccontata nel suo controverso libro, quella di un bambino che venne costretto ad abbandonare la scuola per divenire pastore, e che poi dai 20 anni in poi si riprende una vita, studiando fino ad arrivare ad insegnare alle Università di Cagliari e Sassari, deve aver colpito i fratelli Taviani che decisero di fare un film ispirato alla storia di Gavino.
Oggi Gavino vive in questa casa, dove non abbiamo il coraggio di bussare per non rischiare di disturbarlo, mentre la casa del padre, ormai deceduto, è secondo l’autore “la casa del Padre padrone, è un po’ il Colosseo di Siligo e della Sardegna e andrebbe salvata, ristrutturata e trasformata in una scuola, dove non soltanto io, ma anche altri scrittori, musicisti, registi, scienziati possano tenere lezioni, conferenze, letture”.