134/377: Urzulei
ISPIRAZIONE
Parto da Talana con calma, oggi la strada sarà ‘prevalentemente’ pianeggiante. La giornata è bella e la vista sulla piana sottostante è bellissima. Costeggio il fianco della montagna e poi sorpasso il punto dove doveva sorgere il vecchio villaggio di Mannorri. Poco dopo vedo Urzulei un po’ più in basso, sovrastato da un picco calcareo che sembra cadergli addosso.
Entro in paese e mi fermo subito in un bar per un caffè. La parlata locale di alcuni anziani mi preoccupa: non capisco nulla! Un sardo, e con un accento assolutamente unici, che non avevo mai sentito prima. Mi rimetto in bici e vista la bella giornata mi fermo a lavorare all’aperto, nella piazza dove si trova il monumento ai caduti. Poi faccio un giro nelle stradine del centro storico, con molte case antiche ben curate.
Prima di pranzo il mio amico Gigi che vive a Cagliari, ma di origini urzuleine, mi mette in contatto col cugino Giuseppe che ha un b&b e che mi ospiterà stanotte. Lo incontro fuori dalla macelleria Su Gorropu, dove ordino due panini con carne locale arrosto. Stefano, il proprietario, non me li fa pagare e mi augura buon proseguimento di avventura. Dopo aver lasciato i bagagli da Giuseppe decido di avventurarmi nel territorio al di sopra del paese.
Mi metto in bici e percorro parte della strada che dovrò ripercorrere domani per andare a Dorgali, 4 chilometri di salita mortale verso la 125 e poi un breve tratto di Orientale, prima di prendere il bivio a sinistra che costeggia tutto il tacco calcareo. Siamo ormai al confine settentrionale dell’Ogliastra. Arrivo proprio sotto il picco calcareo, al di sopra del paese, e la vista sulla vallata sottostante è una delle più pazzesche finora, ad un altezza che fa venire i brividi.
Proseguo per una salita mozzafiato, e finalmente arrivo in cima al Campo Oddeu, un pianoro di calcari bianchi. Qui su siamo all’inizio del Supramonte. L’unica cosa che incontro poco dopo è un vecchio camper Volkswagen con i portelloni aperti. Mi avvicino a salutare e conosco Gerhard e la sua compagna Janu, che mi offrono un bel caffettone. Parliamo un po’ e gli do dei consigli per dove proseguire il loro viaggio, visto che non hanno programmi. Ci facciamo un selfie, scambiamo le email (Gerhard mi scriverà qualche settimana dopo dalla Germania per dirmi che i miei consigli sono stati utilissimi!)
Dopo aver ringraziato proseguo inoltrandomi per il campo calcareo, tra maiali selvatici che mi tagliano la strada e mucche al pascolo. Discendo fino ad un’ampia vallata, e capisco che qui il territorio è immenso, ed anche rischioso inoltrarsi ulteriormente. Un po’ lontano da qui c’è la gola di Gorropu, al confine con Orgosolo, non avrò il tempo di vederla in questo viaggio. Dunque ritorno indietro e mi fermo a ridosso di alcune rocce, per suonare l’ukulele, col sottofondo delle campanelle e i muggiti delle vacche.
Rientrato in paese faccio un giretto per la zona più vecchia di Orthullè (nome di Urzulei di origine antichissima), dove ci sono alcuni murales raffiguranti vecchi in costume. Poi scendo alla chiesetta di Sant’Antonio Abate, che non dista molto dalla più grande parrocchia di San Giovanni, dove si sta svolgendo la messa. Una signora che sta entrando in ritardo mi vede e mi chiede “lei è il signor Dessanay? Buona permanenza a Urzulei”.
La sera mi reco nella pizzeria proprio sotto il b&b. Sono solo ma dopo un po’ un gruppo di ragazzi mi chiede se io sia l’amico di Gigi, cugino di due di loro, e si uniscono a me. Sono Luciano, Simona, Roberto, Elene e Martina, con i quali passo una bella serata, e che oltre ad arricchirmi con i loro racconti su Urzulei, mi offrono la pizza!
FRAMMENTI SONORI
Live al Campo Oddeu
BREVI NOVELLE SARDE
In pizzeria, Luciano mi racconta di come qui a Urzulei la pastorizia è sempre stata la principale attività. E mi consiglia la visione di due documenti per capire meglio questa realtà (subito aggiunti alla mia “Sardinian watching list”!
Il primo è il film-documentario Tempus De Baristas del regista americano David MacDougall, che descrive la vita di una famiglia di pastori che vive nella zona delle ‘codule’, vallate isolate nei monti verso Baunei. Si dice che i capostipiti di questa famiglia provenissero dall’antico paese di Mannorri, tra Urzulei e Talana. Nel film, come nella realtà il giovane Pietro ha appreso il mestiere dal padre, ma le tecniche moderne di produzione ed il nuovo mercato stanno cambiando la maniera tradizionale di condurre questa attività. Questa famiglia vive ancora nelle codule e qualche membro si vede ogni tanto in paese. “Vedi quel ragazzo” mi dice Luciano “è un ‘codulesu’, il cugino di Pietro, il ragazzo del film”.
Diverso è invece il caso del pastore Natteddu, sul quale venne incentrato un episodio del programma Geo&geo sulla RAI. Natteddu visse tutta la sua vita in una valle isolatissima non lontana da dove ero io oggi. Abitava in un ‘pinnettu’, una capanna di pietre e frasche, e conduceva una vita d’altri tempi, a stretto contatto con la natura e gli animali. Oltre alle sue capre, Natteddu conosceva bene gli uccelli di questa zona, i grifoni e soprattutto le aquile. Quando qualcuno andava a trovarlo aveva sempre delle storie da raccontare, in sardo. Purtroppo non sono riuscito a trovare molto su questo personaggio, se non il titolo del video-documentario realizzato da Antonio Pisanu intitolato “Il Gennargentu di Natteddu”.